giovedì 8 agosto 2013

Israele e UNRWA, un rapporto difficile




Ridurre i danni causati dall'Unrwa 
di Steven J. Rosen e Daniel Pipes


Chi muove delle critiche all'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'assistenza ai profughi palestinesi (Unrwa), l'organizzazione che ha il compito di sorvegliare i rifugiati palestinesi, tende a concentrare l'attenzione sui suoi errori. I campi dell'agenzia sono ricettacoli per terroristi. La sua burocrazia è congestionata e nel suo libro paga figurano dei radicali. Le sue scuole insegnano l'incitamento all'odio. I suoi registri puzzano di frode. Le sue politiche incoraggiano una mentalità vittimistica.

   Tuttavia, il problema più importante dell'Unrwa è la sua missione. Da oltre sessant'anni, è diventata un'agenzia che perpetua il problema dei rifugiati piuttosto che contribuire a risolverlo. L'Unrwa non opera per trovare una sistemazione ai profughi; invece, registrando di giorno in giorno sempre più nomi di nipoti e pronipoti che non si sono mai spostati dalle loro abitazioni né hanno mai abbandonato il loro impiego, e inserendoli in modo fittizio nella lista dei "rifugiati", li si aggiunge al numero dei rifugiati che hanno dei motivi di risentimento nei confronti di Israele. Ormai, questi discendenti costituiscono oltre il 90 per cento dei rifugiati dell'Unrwa.

   Inoltre, l'agenzia viola la convenzione sui rifugiati esigendo che quasi due milioni di persone cui è stata data la cittadinanza in Giordania, in Siria e in Libano (e che costituiscono il 40 per cento dei beneficiari dell'Unrwa) siano ancora rifugiati.

   Come risultato di queste pratiche, invece di diminuire grazie alla dislocazione in una nuova zona o in un nuovo paese e al logorio naturale, il numero dei rifugiati dell'Unrwa è aumentato costantemente dal 1949, passando da 750.000 a quasi 5milioni. Di questo passo, i rifugiati dell'agenzia dell'Onu supereranno gli 8milioni nel 2030 e i 20milioni nel 2060, i suoi campi e le sue scuole promuoveranno incessantemente il futile sogno in base al quale questi milioni di discendenti un giorno faranno "ritorno" nelle case dei loro avi in Israele. Quand'anche il presidente dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ammettesse che l'invio di cinque milioni di palestinesi [in Israele] significherebbe "la fine di Israele", è chiaro che l'Unrwa ostacola la risoluzione del conflitto.

Un murales che ritrae Ayat al-Akhras, una kamikaze palestinese, 
sul muro di una scuola dell'Unrwa, nel campo profughi di Deheishe, vicino a Betlemme.


   I funzionari del governo israeliano sono ben consapevoli del fatto che l'Unrwa perpetui il problema dei rifugiati e conosce bene le sue pecche. Detto questo, lo Stato di Israele ha un rapporto lavorativo con quest'agenzia delle Nazioni Unite e guarda a essa per assolvere e garantire certi servizi.

   La politica di cooperazione di Israele è cominciata nel 1967 con lo scambio di missive dell'accordo Comay-Michelmore, il carteggio in cui Gerusalemme prometteva "la piena cooperazione delle autorità israeliane (…) [per] facilitare il compito dell'Unrwa". Questa linea politica continua a essere osservata; nel novembre 2009, un rappresentante israeliano confermò "un impegno continuo a rispettare l'accordo" delle missive del 1967 e a sostenere "l'importante missione umanitaria dell'Unrwa". Egli promise altresì di mantenere "un coordinamento stretto" con l'Unrwa.

   I funzionati israeliani distinguono fra il ruolo politico negativo dell'Unrwa e quello più positivo di servizio sociale che fornisce assistenza principalmente medica e educativa. Essi apprezzano che l'Unrwa, con i fondi messi a disposizione dai governi stranieri, aiuti un terzo della popolazione in Cisgiordania e tre quarti nella Striscia di Gaza. Senza questi fondi Israele potrebbe dover affrontare una situazione esplosiva sui propri confini e le pretese della comunità internazionale che, raffiguratolo come la "potenza occupante", esigono che esso si prenda cura di questa gente. Nei casi estremi, le Forze di difesa israeliane sarebbero dovute entrare nelle zone ostili per sovrintendere al funzionamento delle scuole e degli ospedali, tutto a carico dei contribuenti israeliani - una prospettiva assai poco attraente.

   Come riassume un funzionario beninformato, l'Unrwa gioca "un ruolo determinante nel fornire aiuti umanitari alla popolazione civile palestinese che deve essere mantenuta".
Questo spiega perché quando degli amici stranieri di Israele cercano di sospendere i finanziamenti all'Unrwa, Gerusalemme invita alla prudenza o addirittura ostacola questi sforzi. Ad esempio, nel gennaio 2010, il governo canadese di Stephen J. Harper annunciò che avrebbe reindirizzato gli aiuti dell'Unrwa all'Autorità palestinese (Ap) per "assicurare la responsabilità finanziaria e favorire la democrazia nell'Ap". Anche se il B'nai B'rith del Canada ha dichiarato con orgoglio che "il governo ha prestato ascolto" al suo consiglio, i diplomatici canadesi hanno asserito che Gerusalemme ha pregato i canadesi di ricominciare a finanziare l'Unrwa.

   Un altro esempio: nel dicembre 2011, il ministro degli Esteri olandese asserì che il suo governo "avrebbe rivisto" la propria politica verso l'Unrwa per poi dire in seguito, in via confidenziale, che Gerusalemme gli aveva chiesto di lasciare stare i finanziamenti dell'Unrwa.

   Il che c'induce al seguente interrogativo: si possono conservare gli elementi dell'Unrwa utili a Israele senza perpetuare lo status di rifugiati?

   Sì, è possibile, ma questo comporta che sia separato il ruolo dell'Unrwa di organismo che fornisce servizi sociali da quello che consiste nel produrre sempre più "rifugiati". Contrariamente alla sua prassi di registrare i nipoti come rifugiati, la Sezione III.A.2 e la SezioneIII.B delle "Prassi consolidate sull'Eleggibilità e la Registrazione" le permettono di fornire dei servizi sociali ai palestinesi senza definirli rifugiati. Questa disposizione è già in vigore: in Cisgiordania, ad esempio, il 17 per cento dei palestinesi iscritti nelle liste dell'Unrwa nel gennaio 2012 e aventi il diritto di usufruire dei suoi servizi non sono stati registrati come profughi.

   Poiché l'Unrwa agisce in base al mandato conferitole dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la sua automatica maggioranza contraria a Israele è pressoché impossibile imporre un cambiamento. Ma i principali donatori dell'Unrwa, a cominciare dal governo Usa, dovrebbero smetterla di essere complici della perpetuazione da parte dell'Unrwa dello status di rifugiati.

   Washington dovrebbe trattare quest'agenzia dell'Onu come un mezzo per fornire servizi sociali e niente più. Si dovrebbe insistere sul fatto che i beneficiari dell'Unrwa che non sono mai stati spostati o che hanno già la cittadinanza in altri Paesi, anche se forse non hanno diritto a fruire dei servizi dell'Unrwa, non sono dei rifugiati. Stabilire questa distinzione permette di risolvere un'importante questione nelle relazioni arabo-israeliane.



Pezzo in lingua originale inglese: Lessening UNRWA's Damage 

(The Jerusalem Post, 10 luglio 2012 - trad. Angelita La Spada)


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