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domenica 18 ottobre 2015

Il BDS sostiene il terrorismo non i diritti

18 ottobre 2015: iniziativa molto chiara del Movimento BDS che chiede al Governo egiziano di supportare Hamas e la intifada palestinese. Nulla a che vedere con forme di boicottaggio pacifiche.


Il Cairo - conferenza stampa di Ramy Shaath, portavoce del Movimento BDS in Egitto

Se serviva una ulteriore prova che il Movimento BDS (Boycott, Divestment, and Sanctions) non è affatto un movimento pacifista che supporta la causa palestinese ma è invece un movimento profondamente antisemita che punta alla distruzione di Israele, questa prova arriva dall’Egitto dove oggi il movimento BDS organizza al Cairo una manifestazione a favore della intifada palestinese e di Hamas, non a favore dei Diritti dei palestinesi o della economia palestinese, non a favore del boicottaggio di Israele, ma proprio a favore della rivolta armata, o intifada, contro Israele.
La manifestazione che si chiuderà con una conferenza stampa e una mostra punta dritto a chiedere al Governo egiziano di sostenere la lotta armata dei palestinesi. La parola boicottaggio è sparita dal gergo del Movimento BDS, adesso si parla apertamente di lotta armata.
«Lo scopo principale della campagna è quello di sostenere la intifada palestinese» ha detto Ramy Shaath, portavoce del Movimento BDS in Egitto in un incontro con la stampa egiziana per la presentazione della manifestazione «e in seconda battuta quello di dirigere l’attenzione internamente alla questione palestinese e dare una risposta alle distorsioni presentate da alcuni media per quanto riguarda gli attuali sviluppi in Palestina». Ma Ramy Shaath è molto critico anche con il Governo egiziano che nei confronti di Hamas ha attuato politiche molto dure. «Il nostro obiettivo è quello di spingere l’Egitto e la sua gente a prendere una posizione più forte contro Israele e spingerlo a ridefinire la strategia di sicurezza nazionale dell’Egitto» ha detto Shaath «dall’assedio in corso a Gaza fino alla barriera di sicurezza costruita dall’Egitto, la politica egiziana è andata esattamente in senso opposto a quello che chiediamo noi». Quindi, riassumendo, l’obbiettivo del Movimento BDS è quello di far cambiare la politica dell’Egitto nei confronti dei terroristi di Hamas e invece di ostacolarli passare ad aiutarli. Cosa c’entra tutto questo con il boicottaggio a Israele ce lo dovrebbero spiegare i vertici del BDS.
Ramy Shaath è stato molto critico anche con i media egiziani che a suo dire hanno adottato una narrativa dei fatti che accadono in Israele e in West Bank molto simile a quella dei media israeliani. In sostanza il Movimento BDS accusa i media egiziani di raccontare la verità invece che distorcerla. A una domanda precisa da parte di un giornalista che chiedeva se il Movimento BDS sostiene o meno la intifada palestinese la risposta di Ramy Shaath è stata secca e precisa: SI.
Fino ad oggi il Movimento BDS ha sempre sostenuto la lotta armata palestinese ma, subdolamente, aveva sempre nascosto il suo sostegno alla lotta armata e al terrorismo dietro a una causa apparentemente pacifista come il boicottaggio di Israele. Ora per la prima volta esce allo scoperto.
Scritto da Shihab B.
link: http://www.rightsreporter.org/il-bds-sostiene-il-terrorismo-non-i-diritti-ecco-la-prova/

lunedì 4 agosto 2014

Ogni scusa è buona: l'antimilitarismo a senso unico



Possibile che ogni causa, anche la più nobile, venga sfruttata in maniera strumentale con l'evidente obiettivo di gettare biasimo e discredito solo su Israele? Sono comparsi in questi giorni insistenti appelli al boicottaggio di Israele per le attività di addestramento dell'IDF in Sardegna. Adesso anche l'antimilitarismo viene tirato per la giacchetta, fino a farlo diventare uno strumento di offesa in questa infinita guerra mediatica.
Forse è eccessivo parlare di antisemitismo (ma guardiamoci intorno, a chi serve questa ondata di odio contro Israele?) tuttavia è ben centrato il punto in questa riflessione di Mario Carboni di "Sardos pro Israele".


DENUNCIA DEL NUOVO ANTIMILITARISMO ANTISEMITA IN SARDEGNA.

Da 40 anni denuncio le basi, poligoni e servitù militari in Sardegna e il loro utilizzo da parte di eserciti di tutto il mondo. Da 40 anni ne chiedo lo smantellamento e la rinaturalizzazione del territorio e il pagamento dei danni subiti dalla Sardegna.
Per me tutti gli eserciti sono sullo stesso piano quando operano in Sardegna. Non devono operare in Sardegna e in primis le forze armate italiane che agiscono, su mandato di tutti i governi italiani che ne hanno responsabilità politica e quindi di tutti i partiti che ne hanno fatto parte e ne fanno parte oggi, come se la nostra isola sia una colonia disabitata e come se i sardi non abbiano diritto ad avere una parola decisiva e negativa in capitolo. 

Da pochi giorni assisto alla mobilitazione faziosa e con un diverso e particolare standard contro le prossime esercitazioni dell'aviazione israeliana. Questa si esercita da sempre in Sardegna come ben sanno coloro che coerentemente monitorizzano la situazione. Ma da sempre si esercitano aerei dei paesi della NATO e di suoi alleati. Si esercitano anche i paesi più disparati , anche non molto amici, che però testano armi occidentali o sopratutto italiane da vendere loro. Ricordo solo le esercitazioni dei libici che compravano armi italiane e le utilizzavano in Africa contro ad esempio il Chad o l'aviazione del Qatar che da Decimomannu bombardava la Libia di Geddafi o dei turchi che bombardavano i curdi.

Sia gli armati occidentali, che i libici, qatarioti e israeliani e turchi , nel mio richiedere la sospensione di ogni esercitazione in Sardegna, per i motivi generali che ho sottolineato, sono sempre stati posti sullo stesso piano e mai ho appuntato la mia attenzione su un paese particolare. Accomunando li nel mio dissenso. Così hanno fatto coloro che coerentemente hanno sempre operato per la scomparsa dei poligoni militari dalla Sardegna.

Da pochi giorni invece, senza mai aver protestato contro la Libia, il Qatar, la Turchia o un singolo paese occidentale in quanto tale, un'azione particolare è stata dedicata ed è in corso di sviluppo contro le prossime esercitazioni dell'aeronautica israeliana che si svolgeranno assieme altre forze aeree. Siamo di fronte di una attenzione particolare, discriminatoria, differenzialista, tipica di una sensibilità esclusivista e antisemita.

Constato con rammarico che si sta sviluppando in deroga ad una doverosa richiesta di sospensione generalizzata per tutte le forze armate che assieme si esercitano in Sardegna, l'emersione di un antimilitarismo antisemita, ingiusto, sbagliato e che situa chi lo esercita, per un acritico appoggio che non tiene conto delle sue responsabilità nell'attuale guerra, nel campo dell'Islamismo razzista e antisemita programmatico di Hamas che vuole solo la distruzione di Israele, l'eliminazione dei suoi cittadini ebrei non volendo una pace sulla base di due popoli-due stati e che è l 'organizzazione terrorista islamista peggior nemica dei palestinesi ed in particolare dei palestinesi di Gaza.

Mario Carboni

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Qui alcuni articoli in cui si parla dell'argomento... a senso unico:
Associazione Amicizia Sardegna-Palestina: http://www.sardegnapalestina.org/?cat=10
BDS Italia http://www.bdsitalia.org/index.php/component/tortags/tag/sardegna
Palestina Rossa http://www.palestinarossa.it/?q=it/content/story/da-settembre-i-caccia-di-israele-si-eserciteranno-sardegna

sabato 19 luglio 2014

Gli slogan della resistenza sono vuoti, l'unico modo per fermare Israele è farci la pace


'Abdallah Hamid Al-Din (immagine: Youtube.com)

ABSTRACT 

In un articolo pubblicato il 12 luglio 2014 su Al-Hayat (quotidiano arabo con sede a Londra), lo scrittore ed intellettuale saudita Abdallah Hamid Al-Din ha sostenuto una posizione decisamente singolare, sottolineando che l'unica via percorribile per una soluzione al conflitto fra Palestina e Israele è quella della pace.

Al-Din ha criticato il modo in cui i Palestinesi gestiscono il conflitto – ad esempio la richiesta di poter realizzare il loro diritto al ritorno, che ha definito irrealistica, o il loro sostegno alla campagna di boicottaggio di Israele, che ha chiamato ipocrita – descrivendo tutto ciò come parte di una serie di politiche autodistruttive e di opportunità mancate che hanno caratterizzato le azioni palestinesi sin dall'insediamento dello stato ebraico.
Ha inoltre condannato la politica di perpetuazione delle sofferenze dei rifugiati, ritenendolo un inaccettabile e immorale sabotaggio della vita dei Palestinesi e del loro futuro.

Abdallah Hamid Al-Din ha concluso dicendo che la lotta per la pace è l'unico modo in cui i Palestinesi possono sconfiggere Israele, e che la vera resistenza sta rigettando illusioni e false speranze che erodono costantemente la causa palestinese, osservando anche
che queste sue parole sono basate su argomenti forniti dall'intellettuale americano Noam Chomsky.



Seguono alcuni stralci dall'articolo originale:



Precisely At This Difficult Time, It Is Important To Be Realistic Rather Than Utter Empty Slogans Of Resistance

"I write [these words] in a difficult and tragic climate. There are dead and injured in Gaza. [Its] infrastructures are in ruins. Israel has unprecedented domestic and foreign consensus [for its attack]. Some might say: This isn't the time to write these kinds of words. But I believe it is unavoidable. In these times there is only one dominant voice: [the one that says] 'yes to the resistance; resistance is necessary; resistance will end the occupation; those who seek peace are traitors and Zionists.' But there is no choice but to give voice to [a different position], which says 'enough,' and calls for wisdom, for calm, for life. Therefore, precisely at this time, I insist on saying the following.
"How should we act today, 66 years after the establishment of the Jewish state, a state that enjoys international support and has a vast arsenal at its disposal?... If one wants to act in the world, one must accept reality even if one does not like it. Israel is part of this reality, and has been since 1948. I do not like [this] world order, but it is a fact. We must believe that every state is entitled to the same rights as any other. Every state has the right to afford its citizens a livable life. It's possible to utter many slogans, but if we want to realize goals, we must also clarify how they can be achieved.
"I support the refugees' right of return... Do the refugees and their descendents have the right to return [to their homes]? Yes! Do the Native Americans in the U.S. have the right to return to the regions that were theirs? Yes! Is that going to happen? No! Had I said to the Native Americans, 'I will uphold your right to return and I will expel the people of America – so [in the meantime, you must] remain in your wretched condition' – that would be patently immoral. The [Palestinian] refugees will never return [to their homes]. That's a fact. There is no international support for it, and even if there was, Israel would have used its nuclear weapons [to prevent it from happening]. So it won't happen.
"If the issue of the refugees worries you, [I say that] recognizing the Palestinian refugees' right of return is imperative, just as it is imperative to recognize the right of return of the Native American refugees and of many others. But the important thing is to invest efforts in improving the dire situation of the [Palestinian] refugees. [The problem is that] all I ever hear [is slogans] that follow the same reasoning as slogans [calling for] the Native Americans' right of return. I want to head a real proposal... one that takes into consideration the refugees and their suffering."

The U.S. Also Oppresses; Why Doesn't Anyone Call To Boycott It?   

"The hypocrisy of those calling to boycott Israel reeks to the heavens, because all their reasons for imposing the boycott are a hundred times more applicable to the U.S. or Britain. So why don't they boycott the U.S.? The call for a boycott does not come from the Palestinians, but from groups that call themselves 'the Palestinian people.' The Palestinians never agreed [among themselves] even on boycotting the settlements, let along boycotting Israel [as a whole]... The demand to boycott Tel Aviv University, [for example], or to boycott Israel until it ends the oppression [of the Palestinians], seems ridiculous to any reasonable person. Is there no oppression in the U.S.? Does anyone boycott Harvard [because of it]? This is hypocrisy. They demand [to boycott Israel] because it is easy. They compare it to [the boycott of] South Africa, without considering that the boycott [of that country] succeeded because the conditions for it were right. Whoever wants to recreate that model must work to recreate those conditions. Much of the Palestinians' actions are self-destructive. They have caused themselves harm, and today they have only two options: the two-state [solution] or a continuation of their plight.
"The statements above are not my own. They were made by Noam Chomsky, who has been fighting [for our cause] for 70 years, and is one of the most prominent intellectuals to endorse the Palestinian cause. He experienced it from the start, analyzed it, addressed it, supported it, worked and debated for it, and met with people connected to it. Chomsky says that there is [a form of] resistance that is immoral, illogical and harmful to the Palestinians. He claims that it is hypocrisy to demand boycotting Israel and not demand boycotting the U.S. Chomsky invokes the logic of [choosing between] limited and realistic options and ridicules those who invoke the logic of meaningless slogans. Is he treacherous, feeble or naive? Is he ignorant [in his] political analysis? Is he a Zionist?
"Ever since the 1947 [UN] partition resolution, the Palestinians' situation has steadily deteriorated, while Israel's situation is steadily improving. One does not need a vast amount of historical knowledge to understand that [the Arabs and Palestinians] missed one opportunity after another. Had the Arabs accepted the partition resolution, Israel's territory would have been considerably smaller than it is today, and had they agreed [to make] peace after the defeat of 1967, their situation would have [also] been better. Every opportunity missed by the Palestinians yielded huge profits for Israel."

True Resistance Is Resistance To Illusions And False Hopes

"Israel does not want a just peace. It really doesn't. It wants to take and not give. And we, for our part, have given it the opportunities to expand and to take. We often [study] the maps of Palestine from 1947 until after the year 2000 and say: 'Just look at all that aggression.' But we ignore the fact that the maps tell a different story, namely: 'Look at our obstinacy, our escapades and our trading in the [Palestinian] cause'. The Israelis took the land and banished the [Palestinian] people, but we took the Palestinians' future and wrapped it in false hopes... It is we who denied [the Palestinians] life. We and not Israel. Israel has banished 750,000 people, but for 66 years we have banished the lives and futures of millions...
"Genuine resistance is what will prevent Israel's future expansion and coerce Israel into restoring to the Palestinians some of their rights, if not all of them. We must acknowledge that Israel cannot be defeated by force today, and for the foreseeable future. Those who think otherwise are welcome to present a roadmap, as opposed to mere empty slogans. Slogans will not defend the Palestinians from bullets or prevent Israeli missiles from falling.
"The only way to stop Israel is peace. There are some people who don't understand that peace, too, is something you must struggle for with all your might. Israel does not want peace, because it does not need it. But the Palestinians do. Therefore it is necessary to persist with efforts to impose peace. No other option exists. True resistance is resistance to illusions and false hopes, and no longer leaning on the past in building the future.  Real resistance is to silently endure the handshake of your enemy so as to enable your people to learn and to live..."[2]

Endnotes:

[1] The reference is possibly to Chomsky's July 2, 2014 article in the U.S. magazine The Nation.
[2] Al-Hayat (London), July 12, 2014.



link all'articolo originale: http://www.memri.org/report/en/0/0/0/0/0/0/8075.htm

Bené Berith Giovani: la Mogherini abbandoni la politica dell'ostruzionismo nel West Bank




(AGENPARL) – Roma, 27 giu 2014 - Il Bené Berith Giovani apprende in queste ore l’esortazione del Ministro degli Esteri Federica Mogherini a non impegnarsi in attività finanziarie e a non investire nei Territori del West Bank, amministrati attualmente secondo gli Accordi di Oslo del 1993, accordi firmati anche da Yasser Arafat, l’allora leader dell’Organizzazione di Liberazione della Palestina.

   La strategia del boicottaggio economico ai danni di Israele è stata percorsa già in passato da diverse associazioni ed ONG che vedono il conflitto israelo-palestinese in modo semplicistico e distorto: i buoni da una parte, i cattivi dall’altra. Come se dietro non ci fossero due popoli ugualmente sofferenti;   come se non vi fossero ragioni e torti, diritti negati e perdite da ambo le parti.   La geopolitica di quell’area e la millenaria storia di cui i popoli israeliano e palestinese portano il peso non sono uno scherzo e non possono essere affrontati come una partita di Risiko, dove vince la politica   dell’ostruzionismo.   

La linea del muro contro muro è impraticabile e inaccettabile da parte dell’Italia, come da parte di qualsiasi altro Paese che faccia propri i valori della civiltà e della democrazia.   

Peraltro anche il tempismo nel chiedere l’isolamento di Israele – seppur limitato all’economia e alla   zona dei Territori contesi – è assolutamente pericoloso. Lo Stato di Israele si trova in questi giorni  ad affrontare situazioni gravi e delicate su numerosi diversi fronti. Tre studenti di 16 anni rapiti dai terroristi palestinesi proprio nel West Bank, in cui vengono ritrovati ogni giorno veri e propri arsenali di armi e laboratori per la fabbricazione di ordigni; i governanti di Gaza, responsabili dei rapimenti e   alleati con il partito di Abu Mazen, minacciano una terza intifada (guerra terroristica contro Israele); i cittadini del sud del paese sotto la costante minaccia dei razzi sparati da Gaza (gli ultimi 5 due giorni fa); i colpi di mortaio provenienti dalla vicina Siria martoriata dalla guerra, che proprio questa settimana hanno ucciso un ragazzino arabo-israeliano di 13 anni. 


  Se il Ministro Mogherini volesse contribuire in maniera efficace per avvicinare i due popoli, dovrebbe lavorare sull’educazione e sulla cultura; sullo sport, sull’arte e sullo spettacolo, e perché no, anche sugli scambi economici, per far sì che israeliani e palestinesi possano incontrare ognuno la mano dell’altro. Si ricorda inoltre che gli stessi cittadini palestinesi che abitano la zona del West Bank si sono più  volte espressi contro la politica del boicottaggio nei confronti di Israele, nelle cui aziende trovano spesso l’unico spiraglio economico e sociale. Nelle fabbriche e negli impianti israeliani del West Bank non è raro trovare impiegati palestinesi con pari diritti, padri e madri di famiglia che riescono a portare uno stipendio a casa proprio grazie ai vicini. 
Al contrario, i governi palestinesi – sia nel West Bank che a Gaza – sono caratterizzati dalla forte corruzione e dalla mancata trasparenza nei bilanci pubblici e per questo milioni e milioni di dollari di finanziamenti internazionali (compresi quelli dell’Unione Europea) non sono mai giunti alla popolazione palestinese, abbandonata alla povertà e alla sottocultura.  

In nome di un dialogo forte e duraturo, in nome di una politica estera degna della nostra Nazione, chiediamo quindi al Ministro Federica Mogherini di abbandonare la strategia sbagliata e semplicistica del boicottaggio e abbracciare invece la strada del dialogo e dei ponti culturali ed economici fra i due   popoli.  I membri della Sezione Stefano Gaj Tachè del BBG sono pronti – qualora fosse possibile – ad organizzare un incontro con il Ministro per raccontarle la visione della associazione riguardo ai temi trattati pocanzi.