lunedì 14 luglio 2014

Dal dondolo al bunker: lettera da Tel Aviv

 

Lettera da Tel Aviv
Pubblicata su facebook da
Giulia P. M.
12 luglio 2014

Salve, il mio nome è Giulia e abito a Tel Aviv.
Ci abito adesso, perché io non sono nata qui. Io sono di Rimini, la bella Rimini, in Romagna.
E' semplicemente capitato che sia venuta a vivere in questo paese, non l'avrei mai detto. Io mi sono solo innamorata di un timido ragazzo incontrato per caso sui banchi di scuola all'università, un ebreo e un israeliano.
Sono ormai due anni che mi sono trasferita e sento di dover condividere in questo delicato momento il mio bollettino. Io qui non ci sono nata, e non sono nemmeno ebrea. Ho guardato un po' stupita, come spettatrice, questo mondo in cui mi trovo. E ho imparato. Ho imparato che gli israeliani sono un popolo forte. Più forte di quello che avrei potuto immaginare. E allora voglio spiegare un po' il perché.

Tra una telefonata e un facetime a casa, nell'ultima settimana, mi sono ritrovata a dover correre alla disperata ricerca di un rifugio per me ed il mio piccolo bimbo di 3 mesi, stretto stretto fra le mie braccia. E in questo momento è proprio da qui che sto scrivendo, dal bunker di cemento che hanno costruito dentro il mio appartamentino.

Mi ero svegliata non da molto (si sa, con un bambino cosi piccolo le notti sono ancora lunghe). Ero sul terrazzo, sulla mia sedia a dondolo rossa comprata in uno dei nostri afosi venerdì di luglio, in un piccolo mercatino arabo. Il mio bimbo mi stava regalando uno dei suoi primi sorrisi del mattino, quando improvvisamente sento una sirena.
Non riesco a descrivere cosa significhi ascoltarla. Fra pochi ISTANTI un missile cadrà qui vicino.
I primi attimi sono sempre gli stessi. Non penso sia più di qualche secondo, ma inizialmente il mio cuore si ferma. Perde un battito. E mi chiedo se me lo stia immaginando, ancora. Perché da quando hanno cominciato a sparare i missili anche qui, io tutti i rumori li ascolto!
Alcune volte al giorno, se lavo i piatti mi fermo e spengo l'acqua, e ascolto. Ascolto se quel rumore è l'inizio di una sirena oppure un altro treno che passa vicino a casa mia. Perché io non sono mica nata qui. Mi ci devo abituare.  E questa volta è davvero.

E allora mi alzo subito dalla mia sedia a dondolo e trascino il mio cane, chiamo mio marito e la mia mamma, che mi è venuta a trovare per pochi giorni, per vedere il suo primo nipotino, e chiudo dietro di me la pesante porta del bunker.
Appena mi siedo, sento il mio cuore battere dentro le mie orecchie e un "boom" rimbomba nella stanza. Poi un altro. E un altro ancora. E la porta, che nella fretta non avevo chiuso a chiave, si apre improvvisamente. Noi non parliamo, per qualche secondo. Non sappiamo cosa sia successo, non lo possiamo sapere. E aspettiamo, in silenzio. Forse è finita per ora. Usciamo.

Che strana sensazione. Ho paura, ancora il cuore batte forte e il mio bimbo mi stringe il braccio, rannicchiato come un piccolo ranocchio. Eppure mi sento fortunata. Fortunata! Io ho fatto tutto questo forse in 45 secondi. La sirena mi da un margine di al massimo 1 minuto e mezzo. A non piu di 40 km da qui io forse non sopravviverei. Perche loro hanno 15 secondi. 15 SECONDI. Se avessi avuto un altro bimbo e una casa a 2 piani, non sarei nemmeno riuscita ad andare a prendere l'altro bambino per metterli al sicuro entrambi. E loro sono bombardati qusi senza tregua dal 2005, esattamente da quando l'esercito israeliano ha lasciato Gaza nella speranza di favorire un dialogo di pace.

Però voglio dirvi qualcosa di chi sono io. Io sono una dottoressa. Ho studiato nella Bologna, La Rossa. E sono una ragazza normale, una piccola Romagnola. Sono cresciuta mangiando di gusto la piadina col prosciutto e andando alla spiaggia nelle affollate estati riminese. Sono anche cresciuta e stata educata in un ambente piuttosto di sinistra. Anche la mia mamma e una dottoressa, e la mia vita è stata sempre piuttosto tranquilla!

Quando mio marito, medico anche lui, mi ha chiesto dopo essersi laureato di trasferirmi a Tel Aviv, almeno per la nostra specializzazione, perche proprio gli mancava tanto casa sua, io quasi immediatamente e spontaneamente ho detto "si!". Nessun rimpianto. E da quando sono venuta a vivere qui ho incontrato tante persone cosi diverse da me, e ho conosciuto. E ho imparato. E non è stato sempre facile. Ho imparato che gli israeliani sono difficili. Che sono cocciuti. Che sono orgogliosi.
Ma ho anche imparato che gli israeliani sono persone buone. Che hanno un grande grande cuore. Che gli israeliani sono come una enorme, unica famiglia. Che sono solo 6 milioni. E che sono sognatori. E sanno combattere come nessun altro per i loro sogni.

Ma non mi si deve credere sulla parola. Voi non mi conoscete. Si deve venire. Tu, che controlli sdegnato gli aggiornamenti sul conflitto arabo-palestinese sul tuo giornale online. Tu che parli come se avessi la verità in mano, di quanto "gli israeliani potrebbero fare la pace con Hamas se solo veramente volessero".
Tu che pubblichi su Facebook foto di cui non capisici minimanete il significato, VIENI QUA. Parla per la prima volta nella tua vita con un ebreo. E con un israeliano. Vieni a conoscerci.
Prendi un biglietto, appena sarà di nuovo un po' piu calmo, prima che Hamas decida di bombardarci ancora, e invece di andare in vacanza altrove, prenditi qualche giorno per stupirti. Non hai idea di quello che vedrai. Della civiltà meravigliosa e delle persone che incontrerai.

Prima di concludere, dal momento che voglio andare a far compagnia a mio marito, che in quanto pediatra e tornato da un turno di 26 ore dove ha dovuto prendersi cura di bambini (sapete, anche noi abbiamo dei bimbi che amiamo) terrorizzati dagli allarmi, voglio scrivere questa ultima cosa.
Io sono una specializzanda in Cardiochirurgia (chiedete pure quante donne sono chirurghe o addirittura cardiochirurghe in Italia) e nel mio ospedale almeno la metà della mia giornata lavorativa la passo in sala a operare bambini malati di patologie cardiache e provenienti da tanti Paesi in tutto il mondo. Questo è il risultato dell'enorme sforzo di una associazione israeliana , "save a child's heart", il cui scopo è di identificare bambini con patologie al cuore e che non potrebbero sopravvivere senza una complessa operazione che i medici dei loro paesi non sanno eseguire.
E allora grazie a donazioni di persone da tutto il mondo e di tantissimi israeliani, si riesce a portarli da noi, spesso con la loro mamma, dove vengono operati e curati.

Il mio primario dr Sasson ne opera almeno 2 al giorno. Non si prende vacanze. Ritorna in ospedale a tutte le ore della notte. E solo perché lo sappiate, io questo non lo dico quasi mai, lo sapete da dove vengono la maggioranza dei bambini? Da Gaza. Io e con me tanti israeliani diamo i nostri risparmi per salvare il cuore e la vita di un bambino di Gaza.
Quella stessa Gaza che adesso mi fa stare chiusa con il MIO bambino dentro questo bunker e minaccia di abbattere l'aereo che mia mamma potrebbe prendere nei prossimi giorni. E allora da qui dentro io voglio dire che nonostante i loro missili e le loro minacce, il mio cuore è pieno di forza, e che io posso solo essere orgogliosa di essere una cittadina di questo meraviglioso paese che è Israele.





1 commento:

Anonimo ha detto...

Non ti conosco, ma ti rispetto tantissimo.
Vivo in Italia e non sono ancora riuscita a venire in Israele. Non lavoro da tre anni e non ho più speranze di trovarlo, ma so che ce la farò a venire in Israele. Lo desidero con tutte le mie forze, perciò accadrà. Mia nonna era ebrea e anche se non era mai stata in Israele, so che invece avrebbe voluto conoscerlo.
Buona fortuna a te e alla tua famiglia, con tutto il mio cuore, dall'Italia.
Mazeltov, Vittoria