sabato 14 aprile 2012

Tolosa - Il “très grand rabbin de France” nell'ora più dura Una lezione di politica, di comunicazione e d'ebraismo

 

Nel ritratto affettuoso e commovente che Felix Perez gli dedica sulla testata d'informazione dell'ebraismo d'Alsazia e di Lorena, “le grand rabbin de France” Gilles Bernheim viene chiamato con un gioco di parole “un très grand rabbin de France” (un grandissimo rabbino di Francia). Gli accadimenti nelle ore dense di dolore e di angoscia che gli ebrei di tutto il mondo stanno attraversando, la pressione più insostenibile, la prova più difficile è toccata a lui. Fermo, nitido, profondamente umano, il gran rabbino della prima realtà ebraica d'Europa ha reagito allo strazio della strage di Tolosa chiamando a raccolta gli ebrei francesi attorno ai valori vivi. Ha unito la sua comunità, ha aperto la strada della giustizia e sbarrato quella della vendetta, ha risvegliato i valori nazionali di libertà, fratellanza ed eguaglianza, ha teso per primo la mano all'immensa comunità islamica con cui gli ebrei, in Francia e altrove, sono destinati a convivere e a comprendersi. Dopo la tragedia dello scorso lunedì erano in molti ad attenderlo al varco. E non solo perché lo sconvolgente assalto alla scuola di Tolosa costituisce un cataclisma emozionale per l'ebraismo francese, ma anche perché nelle ore immediatamente precedenti, per una strana fatalità, il gran rabbino era stato sotto i riflettori nel clima politico arroventato della corsa all'Eliseo con l'uscita del suo ultimo libro (“N'oublions pas de penser la France”, Non dimentichiamo di pensare la Francia) e per l'intervista rilasciata a un grande professionista del giornalismo radiotelevisivo, Jean Pierre Elkabbach, all'indomani della sua fortissima affermazione secondo la quale nessun ebreo francese è autorizzato ad assecondare la politica della destra xenofoba e i suoi candidati. Gilles Bernheim e Jean Pierre Elkabbach, un rabbino e un giornalista. Due ebrei. In otto minuti serratissimi e indimenticabili, in cui ognuno compie senza sconti e senza scappatoie il suo lavoro fino in fondo, offrono una lezione di politica, di comunicazione e d'ebraismo che vale la pena di osservare nei minimi dettagli (da notare, per esempio, l'insidioso, rapidissimo passaggio dedicato alla Tzniut, la cultura della modestia e della separazione fra uomini e donne, che in tempi recenti si è prestata a molte distorsioni, penosi fatti di cronaca e potenziali fraintendimenti nell'opinione pubblica).
Ora, dopo quello che è accaduto, con la drammatica consapevolezza a posteriori degli avvenimenti, il “très grand rabbin de France” ha confermato, salendo con il cuore in frantumi all'Eliseo mano nella mano assieme ai leader della Francia musulmana e intimando ai politici di astenersi da qualunque speculazione elettorale, che né le violenze, né gli interessi di comodo potranno imporci la rinuncia agli elementi vivi della nostra umanità e del nostro ebraismo.

gv

Il testo dell’intervista di Jean Pierre Elkabbach al gran rabbino di Francia Gilles Bernheim


JPE: Benvenuto Gilles Bernheim, grazie di essere venuto, buongiorno.

GB: Buongiorno
JPE: Lei ha fatto un appello a non votare per Marine Le Pen. Se mi permette: di che s’immischia il Gran Rabbino di Francia?

GB: Si immischia dei valori della Francia. Mi interesso a quello che sta succedendo quest’anno, ossia un anno elettorale, le scelte di una società, dei suoi valori, valori cui sono molto attaccato come molti dei miei connazionali ed è l’occasione di ricordarli nel mio libro.

JPE: Perché, Marine Le Pen rappresenta una minaccia?
GB: Sì, è una minaccia nel momento in cui riduce degli uomini o delle donne a delle categorie: quando si tratta de “gli immigrati”, “gli stranieri”, “i musulmani”. Io credo che si tratti di un abuso della lingua, ci sono degli immigrati che si comportano male e che si comportano bene, ce ne sono che hanno dei diritti e dei doveri, altri che si accontentano di rivendicare dei diritti, e non dei doveri.

JPE: E si tratta quindi dell’anti-Francia?
GB: Si perché la Francia, lo ricordo, è “liberté, egalité, fraternité” e quando si tratta di fraternità, si tratta di eguaglianza tra gli uomini e di un legame fraterno e di amore per il prossimo.

JPE: Rispetto al padre, Jean Marie Le Pen, lei è di un’altra generazione. Esiste una responsabilità ereditaria?
GB: C’è forse una responsabilità ereditaria, c’è soprattutto un cambiamento del linguaggio, ma in fondo, io credo, nulla è cambiato.

JPE: Le mancano 42 firme, preferirebbe che non riuscisse ad essere candidata?
GB: E' un gioco politico sottile, direi semplicemente che esso appartiene con tutta probabilità a questo partito che è un partito repubblicano, ossia che si iscrive nel quadro della Repubblica e a cui non è stato impedito da parte della Repubblica di partecipare alle elezioni presidenziali.

JPE: Gran rabbino, Marine Le Pen era qui in studio e, in anticipo, le rispondeva così.

Viene fatta ascoltare la registrazione dell'intervento di Marine Le Pen:
“Non è assolutamente nel suo ruolo e trovo per altro davvero scandalose le accuse che pronuncia e le scorciatoie che prende, è una personalità religiosa, non dovrebbe fare della politica e si dovrebbe occupare di religione e direi peraltro esattamente le stesse cose di un certo numero di vescovi che danno regolarmente il loro parere sulla politica ed è bene che ognuno si occupi del proprio campo: i politici si occupino di politica e i religiosi di religione. E sono sicura che signor Bernheim abbia perso una buona occasione per stare zitto”.

JPE: Signor Bernheim?
GB: Ricorderei a Marine Le Pen che la politica è l’atto di unire le persone in modo responsabile e come religioso, come gran rabbino di Francia, io considero che sia nostro dovere partecipare, non alla vita, ma alla riflessione politica in questo atto.
JPE: Anche se la laicità implica e anzi impone a lei la neutralità?

GB: La neutralità nella scelta senz'altro. Non ‘faccio’ politica, mi ‘interesso alla’ politica.
JPE: C’è in Francia un voto ebraico?

GB: Certamente no. Gli ebrei votano in molti modi differenti.
JPE: Lei rivela per chi non votare – il Fronte Nazionale e Marine Le Pen – ma per chi bisogna votare?

GB: Certamente non lo dirò. Gli ebrei sono liberi di votare per chi vogliono a partire dal momento in cui viene rispettata una certa serie di valori.

JPE: Ma il gran rabbino di Francia darà comunque, quindi lei darebbe, un impulso al voto nei confronti del candidato che si avvicinerà di più ai valori di cui parlava poco fa.
GB: Certamente no. Perché non sarei più nel mio ruolo, non sarei più in una posizione morale, ma in una posizione politica.

JPE: Nel libro che pubblica, che si intitola Non dimentichiamo di pensare la Francia, ci torneremo, lei dice: “Come è possibile che la signora Le Pen si dichiari amica degli ebrei. La maniera in cui ha trattato i musulmani di Francia rimane incompatibile con i valori dell’ebraismo.” Lei difensore dei musulmani di Francia… non ha l’aria un po’ demagogica?
GB: Molto semplicemente: ci sono dei musulmani che rivendicano dei diritti ma che non si fanno carico dei loro doveri. Questi musulmani io li combatto e penso che cerchino di distruggere la Francia senza tregua. Per contro non bisogna confondere questa categoria di musulmani con l'Islam come grande religione monoteista. I musulmani sono dei cittadini come io sono ebreo in Francia e dunque hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri che ho io.

JPE: A proposito di religioni monoteiste, lei spiega che non ci può essere un riavvicinamento dottrinale fra l’Ebraismo e il Cristianesimo ma che rispetto all’Islam ci possono essere delle relazioni che non devono essere inesistenti.

GB: Abbiamo una più grande vicinanza in certi ambiti con il Cristianesimo, parlo degli ebrei, e in altri ambiti una vicinanza maggiore con l’Islam, in campo rituale, in particolare.
JPE: Oggi ogni comunità si ripiega sui propri valori e su se stessa. Il Gran Rabbino di Francia può evitare una forma di integralismo che contamina anche le società ebraiche non solo in Israele ma in Europa e qui in Francia?

GB: Devo fare di tutto per combatterle a partire dal momento in cui la religione diventa ripiegamento su di sé, ossia difesa dei particolarismi contro i valori della società civile. Voglio che la comunità, l’idea della laicità, sia una sorta di interfaccia tra il particolarismo religioso e i valori della società civile, quello che si chiamiamo universalismo.

JPE: Signor Gran Rabbino, quando lei incontra una donna, le stringe la mano?
GB: Sì.

JPE: Molti giovani ebrei oggi non lo fanno, dunque lei, lei lo fa. Nel suo libro lei si richiama anche al rispetto dello straniero e insiste sul peso della Memoria. In un periodo di campagna elettorale, lei comprende che si annunci una caccia alle streghe – appena mascherata – o che qualcuno utilizzi parole come “epurazione”?
GB: No, non ammetterei mai un simile linguaggio, nella tradizione biblica si chiama – ma in Francia è la stessa cosa – maldicenza, è una volontà di sradicare delle persone come se avessero meno importanza, meno dignità di noi.

JPE: Lei afferma che il Talmud condanna la maldicenza.
GB: Esatto

JPE: E la paragona a cosa?
GB: Lo paragona all'omicidio, ossia all'esclusione e all'annientamento dell'altro.

JPE: Dunque gli ebrei rispettano l'Altro?
GB: Sì.

JPE: Lei dice che il Talmud darebbe una risposta praticamente a tutto, dall'economia alla giustizia tra ricchi e poveri…
GB: Certo, nel linguaggio dell'epoca in cui fu formato.

JPE: … e vieta anche di parlare male dell’altro. Lei ha scelto come titolo del suo libro “Non dimentichiamo di pensare la Francia”. A chi si rivolge?
GB: A tutti i francesi.

JPE: Non soltanto agli ebrei?
GB: Certamente no. A tutti i francesi.

JPE: È il famoso “Ricordati”. Ma cosa non dobbiamo dimenticare?
GB: Quello che non bisogna dimenticare è lo spirito della Francia. In cui credo, e che amo. La Francia è lo spirito del dubbio e della rimessa in questione e il rinascimento, è la cultura e anche l'amore di un paesaggio. Una Francia bella, intelligente, critica, libera, fraterna… Giustizia, principio di giustizia, è questa la Francia cui aspiro.

JPE: Ma la memoria, di cui si parla spesso e sulla quale si sofferma nel libro, non appartiene né ai politici, né ai rabbini, come lei riconosce, ma soprattutto agli storici, a condizione che siano indipendenti.
GB: La memoria è un dovere di tutti e appartiene agli storici indipendenti.

JPE: Lo storico Pierre Nora le chiede: si può essere ebrei quando non si è credenti né praticanti? Di cosa è fatta l'identità ebraica, dice Pierre Nora, insomma, chi è ebreo?
GB: Inizierei rispondendogli che, sia che si sia credenti o che non lo si sia, si è ebrei – e sul piano della legge ebraica – a partire dal momento in cui la madre della persona è ebrea. Questo è un punto. Ora, l'identità ebraica è complessa, è plurale, è fatta di diritto, è fatta di costume, è fatta di tradizione, ugualmente è fatta di Memoria, è fatta di speranza. Ciò che fa la ricchezza dell’identità ebraica.

JPE: Lei cita Robert Badinter che si definisce – lo cito – “francese, ebreo e repubblicano”. E il terzo termine, repubblicano, è per lui altrettanto importante che i primi due. E per lei?
GB: È altrettanto importante anche per me. Repubblicano, res publica – la cosa pubblica, il bene comune, come afferma il motto delle organizzazioni scautistiche giovanili ebraiche.

JPE: Si, ma per gli ebrei di Francia, nei confronti della Repubblica, cosa dice questa mattina? È un periodo di campagna presidenziale, ci parli della responsabilità, della sua missione, del suo ruolo...
GB: Ascolti, i cittadini, l’ho detto poco fa, non fanno politica, ma si interessano alla politica in questo atto di legare le persone in maniera responsabile ad uno stesso bene comune. Che è il nostro, ossia la Francia.

JPE: Questa mattina lei si è esposto, signor Gran Rabbino di Francia, ma chi parla? Gilles Bernheim o l’autorità religiosa, che lei è, che vuole illuminare il dibattito pubblico, in queste circostanze?
GB: Dire Gilles Bernhaim in quanto autorità religiosa che partecipa a questa riflessione sul dibattito pubblico.

JPE: Grazie, signor Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim.

versione italiana di Ada Treves
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