(AGENPARL) – Roma, 27 giu 2014 - Il Bené
Berith Giovani apprende in queste ore l’esortazione del Ministro degli
Esteri Federica Mogherini a non impegnarsi in attività finanziarie e a
non investire nei Territori del West Bank, amministrati attualmente
secondo gli Accordi di Oslo del 1993, accordi firmati anche da Yasser
Arafat, l’allora leader dell’Organizzazione di Liberazione della
Palestina.
La strategia del boicottaggio economico ai danni di Israele
è stata percorsa già in passato da diverse associazioni ed ONG che
vedono il conflitto israelo-palestinese in modo semplicistico e
distorto: i buoni da una parte, i cattivi dall’altra. Come se dietro
non ci fossero due popoli ugualmente sofferenti; come se non vi
fossero ragioni e torti, diritti negati e perdite da ambo le parti. La
geopolitica di quell’area e la millenaria storia di cui i popoli
israeliano e palestinese portano il peso non sono uno scherzo e non
possono essere affrontati come una partita di Risiko, dove vince la
politica dell’ostruzionismo.
La linea del muro contro muro è
impraticabile e inaccettabile da parte dell’Italia, come da parte di qualsiasi altro Paese che faccia propri i valori della civiltà e della
democrazia.
Peraltro anche il tempismo nel chiedere l’isolamento di
Israele – seppur limitato all’economia e alla zona dei Territori
contesi – è assolutamente pericoloso. Lo Stato di Israele si trova in
questi giorni ad affrontare situazioni gravi e delicate su numerosi
diversi fronti. Tre studenti di 16 anni rapiti dai terroristi
palestinesi proprio nel West Bank, in cui vengono ritrovati ogni giorno
veri e propri arsenali di armi e laboratori per la fabbricazione di
ordigni; i governanti di Gaza, responsabili dei rapimenti e alleati
con il partito di Abu Mazen, minacciano una terza intifada (guerra
terroristica contro Israele); i cittadini del sud del paese sotto la
costante minaccia dei razzi sparati da Gaza (gli ultimi 5 due giorni
fa); i colpi di mortaio provenienti dalla vicina Siria martoriata dalla
guerra, che proprio questa settimana hanno ucciso un ragazzino
arabo-israeliano di 13 anni.
Se il Ministro Mogherini volesse
contribuire in maniera efficace per avvicinare i due popoli, dovrebbe lavorare sull’educazione e sulla cultura; sullo sport, sull’arte e sullo
spettacolo, e perché no, anche sugli scambi economici, per far sì che
israeliani e palestinesi possano incontrare ognuno la mano dell’altro. Si ricorda inoltre che gli stessi cittadini palestinesi che abitano la
zona del West Bank si sono più volte espressi contro la politica del
boicottaggio nei confronti di Israele, nelle cui aziende trovano spesso l’unico spiraglio economico e sociale. Nelle fabbriche e negli
impianti israeliani del West Bank non è raro trovare impiegati
palestinesi con pari diritti, padri e madri di famiglia che riescono a portare uno stipendio a casa proprio grazie ai vicini.
Al contrario, i
governi palestinesi – sia nel West Bank che a Gaza – sono
caratterizzati dalla forte corruzione e dalla mancata trasparenza nei
bilanci pubblici e per questo milioni e milioni di dollari di
finanziamenti internazionali (compresi quelli dell’Unione Europea) non
sono mai giunti alla popolazione palestinese, abbandonata alla povertà e
alla sottocultura.
In nome di un dialogo forte e duraturo, in nome
di una politica estera degna della nostra Nazione, chiediamo quindi al
Ministro Federica Mogherini di abbandonare la strategia sbagliata e
semplicistica del boicottaggio e abbracciare invece la strada del
dialogo e dei ponti culturali ed economici fra i due popoli. I membri
della Sezione Stefano Gaj Tachè del BBG sono pronti – qualora fosse
possibile – ad organizzare un incontro con il Ministro per raccontarle
la visione della associazione riguardo ai temi trattati pocanzi.
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