A chiunque frequenti i social network è capitato di sicuro almeno una volta di trovarsi sotto gli occhi questo collage di mappe, anzi propendo per l'idea che soprattutto in questi giorni in cui il conflitto è sotto la lente dei media, queste cartine spuntino fuori in continuazione nelle nostre pagine home di facebook, condivise da amici, associazioni, siti di informazione, politici... quanti di loro in buona fede pensano di fare un servizio all'informazione e non sanno che si tratta di un collage menzognero?
Eppure non c'è nulla da fare, la forza della propaganda sta nella sua sintesi, nella velocità di quel messaggio che si coglie al volo, a colpo d'occhio, mentre le smentite sono lente e pesanti, si portano dietro un sacco di parole e richiedono volontà, tempo, attenzione che i più non hanno.
Ad ogni modo ci sembra il caso di ritentare ancora la via della correttezza storica e abbiamo scelto a questo scopo la voce di una persona che di certo non si può definire "un sionista", ma che pur giudicando pesantemente la questione dell'espansione territoriale israeliana, centra a nostro avviso il punto focale della questione:
"
basterebbe dire la verità. Se si combatte per una causa giusta
– la creazione di uno Stato Palestinese –, non bisogna usare
esagerazioni o montature a fini propagandistici: altrimenti, almeno per
me, si è perso in partenza."
Questo per noi è il punto. Non solo chi combatte per una giusta causa, ma soprattutto chi si spende per aiutare un percorso di pacificazione vera e profonda, non può in alcun modo appoggiarsi alle menzogne o a mezze verità pretestuose.
15 luglio 2014
La mappa bugiarda su Israele e
Palestina
di Giovanni Fontana
19 novembre 2012
Quando
lavoravo a Betlemme, ai tempi della prima guerra a Gaza, appesa a una
parete del centro in cui facevo il volontario c’era questa mappa:
Sembrano quattro cartine molto efficaci a mostrare la progressiva
sottrazione di territorio a un futuro Stato palestinese, ricordo di aver
pensato. Eppure sono una frode. Una bugia creata da chi, certamente in
malafede, ha giustapposto quelle quattro cartine compilate – basta
conoscere un po’ la storia – usando criterî completamente diversi per
stabilire cosa si intenda per “terra palestinese”, mescolando così mele e
pere, al fine di dare un’idea distorta dell’evoluzione dei fatti.
La cosa peggiore è che, per descrivere l’erosione di territorio
palestinese nel corso di questi decenni, non ci sarebbe bisogno di
menzogne o fabbricazioni, basterebbe ricordare
cosa sono i territorî del ’67, o parlare della costruzione di un numero sempre maggiore di colonie israeliane al di fuori della
green line: in quattro parole, basterebbe dire la verità. Se si combatte per una
causa giusta
– la creazione di uno Stato Palestinese –, non bisogna usare
esagerazioni o montature a fini propagandistici: altrimenti, almeno per
me, si è perso in partenza.
Siccome, specie in questi ultimi giorni, vedo riaffiorare sempre più
spesso questa mappa, faccio ora quello che persi l’occasione di fare, al
tempo, con i bambini palestinesi coi quali lavoravo: provo a spiegare
alle tante persone benintenzionate e in buona fede che diffondono
quell’immagine, perché queste quattro cartine sono un’impostura.
Perché è un imbroglio (in breve)
Come detto, in queste quattro cartine si usano criterî completamente
incoerenti per colorare di verde o di bianco le terre palestinesi e
israeliane. In particolare, è ciò che viene definito “terra palestinese”
a variare ogni volta al fine di suggerire l’idea di questo scenario
fittizio: nella prima mappa è “terra palestinese” qualunque posto dove
non ci siano ebrei (ma magari neanche palestinesi); nella seconda si
considera “terra palestinese” quello che l’ONU aveva proposto alle due
parti; nella terza si considera “terra palestinese” quella che era
occupata dalla Giordania; nella quarta si considera “terra palestinese”
quella che Israele riconosce come tale.
Cambiando completamente il punto di vista, si simula uno svolgimento
cronologico che non ha nulla a che vedere con la realtà e che,
anzi, nell’ultima immagine sembra proprio andare a detrimento delle
rivendicazioni palestinesi, rinnegando gli accordi di Oslo – quelli del
premio Nobel per la pace a Rabin e Arafat, quelli rigettati solo dai
nemici del “due popoli, due Stati” – che sono l’unica concessione che i
palestinesi hanno avuto da sessant’anni a questa parte.
Perché è un imbroglio (più approfondito)
IMMAGINE UNO: (1946) la prima immagine di quella mappa, del
’46, considera “territorio palestinese” tutto quello che non è abitato
da ebrei, anche le zone disabitate, cioè la maggior parte, come tutto il
deserto del Negev (andato poi a Israele proprio perché disabitato). Se
si evidenziassero come territorio palestinese solo i villaggi
palestinesi e come ebreo tutto il resto, verrebbe una mappa uguale e
contraria. Tutto ebreo – tutto bianco – e poche macchie arabe. Sarebbe,
ovviamente, una frode anche quella.
IMMAGINE DUE: (1947) l’unica onesta. È il progetto di partizione
della Palestina, la risoluzione 181 del novembre ’47, che – occorre
ricordarlo – Israele accettò e Stati Arabi e palestinesi non
accettarono. Se entrambe le parti avessero accettato la partizione, ora
avremmo un territorio diviso a metà fra Palestina e Israele.
IMMAGINE TRE: (1948) innanzitutto si parla di 1949-1967, quando
invece è semplicemente l’esito della guerra che gli Stati Arabi
dichiararono a Israele, e vinta dagli israeliani. Perciò è la situazione
del 1948. Ed è quella attualmente riconosciuta dalla comunità
internazionale. Al contrario di ciò che sembra suggerire la mappa, non
c’è alcuna evoluzione dal ’46 al ’67: nel ’49, all’indomani della
guerra, siamo già in questa situazione.
Anche qui, se uno volesse usare lo stesso criterio a parti invertite,
e disegnare una mappa di quello che sarebbe stato l’esito se gli Stati
Arabi avessero vinto la guerra, dovrebbe disegnare una mappa
completamente verde: 100% di territorio palestinese, 0% di territorio
israeliano. Solo che, a far così, ci si renderebbe conto che Israele,
vincendo la guerra, ha sottratto ai palestinesi – con mezzi ben più che
discutibili – il 20% del territorio rispetto alla 181; ma se gli
israeliani avessero perso la guerra, Israele avrebbe perso, non il 20,
ma il 100%. Naturalmente non è così, né in un senso né nell’altro, che
ragiona chi vuole la pace.
IMMAGINE QUATTRO (1993): la più bugiarda di tutte, che
gioca sull’equivoco di cosa può voler dire “terra palestinese” nella
maniera più brutale e menzognera, sostituendo a “cosa è terra
palestinese” o “cosa la comunità internazionale considera terra
palestinese”, addirittura “cosa gli israeliani considerano terra
palestinese”. Ciò che è più offensivo è che, se quella fosse
pacificamente la “terra palestinese”, la pace si farebbe domani,
tradendo le aspettative di quattro milioni di palestinesi.
Se queste fossero le richieste dei palestinesi, cioè ritrarsi in un
territorio fatto di enclavi senza continuità territoriale, e concedere a
Israele più della metà delle proprio terre post-’48 (quindi l’80% del
territorio mandatario), l’accordo sarebbe già firmato: neanche il più
cinico degli israeliani, neanche Avigdor Lieberman, potrebbe sperare di
meglio (per dire, a Camp David-Taba, nel 2000-01, gli israeliani avevano
proposto ben più del doppio di questo territorio).
Quell’immagine è un incomprensibile miscuglio della Zona A e Zona B
degli accordi di Oslo del 1993 (fra l’altro considera già palestinese
anche la Zona B, quando essa è tuttora sotto dominio militare
israeliano). In realtà, i palestinesi rivendicano come propria – e io
credo legittimamente – molto di più di quell’immagine: per lo meno la
zona C degli accordi di Oslo, come viene riconosciuto loro dalla
comunità internazionale. Per giunta, la mappa sbaglia la data (2000
anziché 1993), probabilmente confondendo gli accordi di Oslo con i
non-accordi di Camp David.
Ciò che più indigna è che, adottando il punto di vista del più falco
degli israeliani, questa mappa considera gli accordi di Oslo come il
punto di arrivo di una progressiva involuzione, anziché come l’unica
concessione che i palestinesi hanno ottenuto negli ultimi sessant’anni, e
l’unico spazio di autogoverno che sono riusciti a ritagliarsi.
Come sarebbe un imbroglio uguale e contrario
Per spiegare più chiaramente questo raggiro,
se si usasse la stessa definizione di “terra palestinese” dell’immagine
4 – e, cioè, “cosa Israele riconosce della Palestina” – per tutte e
quattro le mappe si avrebbe questa situazione:
mappa 1 bianca (i palestinesi non esistono)
mappa 2 bianca (i palestinesi non esistono)
mappa 3 bianca (i palestinesi non esistono)
mappa 4 (in realtà datata 1993 e non 2000) con quel 41% della 181, di terra palestinese, in verde.
In sostanza, una situazione particolarmente felice e in ottimistica
progressione (dallo 0% al 41%) per le speranze palestinesi di avere uno
Stato. Non è così: e non c’è bisogno di mentire per aggiungere
“purtroppo”.
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Articolo originale: http://www.ilpost.it/giovannifontana/2012/11/19/la-mappa-bugiarda-su-israele-e-palestina/