di Marcello Cicchese
Qualche tempo fa è stato presentato al pubblico il libretto "Questa Terra è la mia Terra - Mandato per la Palestina", traduzione in italiano di un testo in inglese di Eli H. Hertz. Il libro riporta documenti noti agli storici, ma purtroppo trascurati e probabilmente ignoti anche a molti sostenitori di Israele, che evidenziano gli aspetti legali del popolo ebraico alla terra biblica chiamata in seguito Palestina. Considero quindi molto valida questa iniziativa dell'autore, dei traduttori e dell'editore italiano, e la presenza nel libro di una mia postfazione conferma questa mia valutazione. Ma avverto l'obbligo di una precisazione che avrei voluto fare subito, se il tempo messo a disposizione nelle pubbliche presentazioni del libro l'avesse consentito.
Quando ho avuto per la prima volta tra le mani il testo già stampato, quindi quando ormai non si poteva più fare niente, mi sono accorto e ho fatto notare all'editore italiano che nella quarta pagina di copertina si trova qualcosa a dir poco sorprendente. Riporto il testo integralmente:
In Palestina per diritto e non per tacito assenso...
Quando ci si chiede cosa si intende con lo sviluppo della Patria Nazionale Ebraica in Palestina, si può rispondere che non si tratta dell'imposizione di una nazionalità ebraica sull'insieme degli abitanti della Palestina, ma di un ulteriore sviluppo della già esistente comunità ebraica, coadiuvato dagli ebrei in altre parti del mondo, perché possa diventare un centro da cui tutto il popolo ebreo, sulle basi della religione e della razza, tragga interesse e orgoglio. Ma perché questa comunità possa avere la migliore prospettiva di libero sviluppo e perché il popolo ebraico abbia la piena opportunità di mostrare le proprie capacità, è essenziale sapere che si trova in Palestina per diritto e non per tacito assenso.
Winston Churchill
Segretario di Stato britannico per le Colonie
giugno 1922
Mi sono chiesto, sorpreso, se si trattava di un'iniziativa particolare dell'edizione italiana, ma ho potuto verificare che lo stesso testo si trova nella seconda pagina di copertina della versione originale. Data l'importanza della cosa, sarà bene riportare integralmente anche il testo inglese:
In Palestine as of Right and Not on Sufferance ...
When it is asked what is meant by the development of the Jewish National Home in Palestine, it may be answered that it is not the imposition of a Jewish nationality upon the inhabitants of Palestine as a whole, but the further development of the existing Jewish community, with the assistance of Jews in other parts of the world, in order that it may become a centre in which the Jewish people as a whole may take, on grounds of religion and race, an interest and a pride. But in order that this community should have the best prospect of free development and provide a full opportunity for the Jewish people to display its capacities, it is essential that it should know that it is in Palestine as of right and not on sufferance.
Winston Churchill
British Secretary of State for the Colonies
June 1922
Chi è appena un po' familiare con l'argomento avrà riconosciuto che è una citazione tratta dal "Churchill White Paper" del 3 giugno 1922, la prima edizione del famigerato "Libro Bianco" britannico. E' davvero incomprensibile che in un libro scritto per sostenere il Mandato per la Palestina come base legale del diritto degli ebrei a ricostituire la loro nazione sulla loro terra si citi un passo tratto da un documento che rappresenta precisamente il subdolo tentativo britannico (purtroppo riuscito) di annullare questo diritto, modificandolo alla radice e inserendo fraudolentemente un altro inesistente diritto: quello degli arabi. Lo studioso Howard Grief, che ha dedicato venticinque anni di lavoro a questo tema, traendone un libro di oltre 700 pagine, già più volte citato in questo sito, dà questo netto giudizio delle parole di Churchill:
"These words were the epitome of trickery and subtlety, because they conveyed a meaning different from that of the Mandate Charter, that was almost unnoticeable." (p. 451)
"Queste parole erano l'epitome di frode e ambiguità, perché trasmettevano un significato diverso da quello della Carta del Mandato, che risultava quasi impercettibile".
Grief descrive ampiamente, non solo in riferimento a questa frase, l'atteggiamento ambiguo e fraudolento assunto dalla Gran Bretagna alla fine della prima guerra mondiale, quando il sostegno offerto dagli ebrei non sembrava più indispensabile. Ma già dall'analisi di questo testo si può riconoscere qualcosa della britannica "diplomazia" usata in questo testo, e in altri ad esso collegati, esaminando il modo in cui le parole vengono adoperate per alterarne impercettibilmente il significato o per fargliene assumere diversi, da applicare in modo variabile a seconda della convenienza.
Il testo britannico parla di developement della Jewish National Home, mentre il testo del Mandato (Art. 2 e 4) parla di establishement della stessa. Se qualcosa deve essere "sviluppato" vuol dire che c'è già, e questa sarebbe, secondo Churchill, la comunità ebraica; ma se qualcosa deve essere "costituito" vuol dire che non c'è ancora, e questa, secondo il Mandato, è la nazione ebraica. Churchill ha fatto sparire la nazione che deve essere costituita sostituendola con la comunità che deve soltanto essere sviluppata. Questo avrebbe dovuto tranquillizzare gli arabi. Pensando a loro, dice infatti che "non si tratta dell'imposizione di una nazionalità ebraica sull'insieme degli abitanti della Palestina". Questo doveva servire a tenerli buoni, assicurando loro che in Palestina non ci sarebbe mai stata una nazione ebraica in cui avrebbero dovuto essere costretti ad entrare, ma soltanto "un ulteriore sviluppo della già esistente comunità ebraica".
Poi però pensa agli ebrei, che potrebbero arrabbiarsi, e per tenerli buoni li adula con parole dolcissime: la nazione degli ebrei - dice in sostanza - cioè una nazione che è ebraica come è inglese la nazione degli inglesi, gli ebrei se la possono scordare, ma in compenso avranno "un centro da cui tutto il popolo ebreo, sulla base della religione e della razza, tragga interesse e orgoglio": una cosa da far gonfiare il petto. Religione e razza vanno benissimo, che bisogno c'è di una nazione? Non è forse questo, ancora oggi, il pensiero degli antisionisti aperti e democratici? Ma se la comunità ebraica resta su quella terra - dice sempre Churchill - nessuno dovrà storcere il naso perché la Gran Bretagna ha stabilito che il popolo ebraico (non la nazione) "si trova in Palestina per diritto e non per tacito assenso".
Qui, proprio qui, nel "Churchill White Paper" del 1922 si trovano le origini dell'imbroglio britannico. Possibile che gli ebrei, a distanza di tanti anni, non se ne siano ancora accorti e vogliano continuare a farsi prendere in giro da Winston Churchill?
Howard Grief spiega chiaramente come stanno le cose:
"... usò la parola "developement" insieme con l'espressione "Jewish National Home" per descrivere l'esistente comunità in Palestina, che sarebbe diventata per gli ebrei un centro di interesse e orgoglio in tutto il mondo. Era questa comunità che doveva essere "ulteriormente sviluppata" attraverso una crescita della sua popolazione, il cui numero, comunque, sarebbe stato strettamente condizionato dalla capacità di assorbimento economico del paese. Con questo sotterfugio quasi impercettibile, il Libro Bianco cambiò sottilmente il significato di "Jewish National Home" da Stato alla fine indipendente in una semplice comunità e centro accanto alla popolazione araba del paese. In questo modo il significato del termine fu reso innocuo, perché il Libro Bianco rese la Jewish National Home non diversa dalle altre comunità ebraiche e centri in altre parti del mondo, che erano anch'esse fonte di interesse e orgoglio per tutto il popolo ebraico." (p. 451)
Si potrebbe pensare che tutto questo costituisca soltanto un accademico gioco di parole, bisogna dire invece che proprio da queste parole è venuto l'inizio di una maligna manipolazione interpretativa del Mandato per la Palestina che ha portato prima gli inglesi e poi tutto il mondo ad un'opposizione giuridica allo Stato ebraico che continua ancora oggi. Howard Grief lo afferma con chiarezza:
"E' stato il Libro Bianco del 1922 il vero punto di svolta che ha condotto al fallimento e alla rovina del Mandato, perché ha stravolto l'originale progetto britannico del 1917, reiterato nella Conferenza di Pace a Sanremo, di costituire uno Stato ebraico indipendente sotto la loro tutela." (p. 436)
L'ultima versione del Libro Bianco, nota come "MacDonald White Paper", fu emanata nel 1939 e fu in forza di essa che la Gran Bretagna respinse i profughi ebrei in fuga dall'Europa davanti alla barbarie dei nazisti. Se si leggono le "motivazioni giuridiche" di quel nefasto documento, si vede che esso fa riferimento proprio alle parole del "Churchill White Paper" del 1922, Nel 1939 Churchill ebbe una specie di tardivo rimorso e votò contro quel documento, ma ormai era troppo tardi. Alla sua ambiguità, e anche a certi gravi errori commessi dai leader ebraici, si deve la funesta deformazione dei fatti che perdura fino ad oggi.
"La circonvenzione della Dichiarazione Balfour è continuata per tutto il periodo del governo mandatario, durato dal 1o luglio 1920 fino al 14 maggio 1948. La deturpazione del Mandato originata dalla falsa interpretazione operata dal Libro Bianco di Churchill, e tutti gli altri atti di poltica che ne sono seguiti, hanno lasciato la maggior parte delle persone nell'ignoranza dell'attuale esistenza di diritti legali ebraici e del titolo di sovranità su tutta la terra di Palestina" (p.468).
Si tratta - dice sempre Grief - di una "nuvola di abissale ignoranza" che aspetta ancora di essere dissolta attraverso precisi e coraggiosi atti politici dei governanti di Israele.
Un'inaspettata conferma dell'inganno perpetrato dalla Gran Bretagna ai danni del popolo ebraico si può trovare nelle parole di David Lloyd George, il Primo Ministro inglese con cui la Gran Bretagna aveva vinto la guerra e sotto il cui governo era stata stilata la Dichiarazione Balfour. Nel 1939 votò contro il MacDonald White Paper, e giustificò la sua posizione in una solenne dichiarazione che fece alla radio sei giorni dopo l'approvazione dell'infame documento. Le sue parole possono servire, in un certo senso, a riscattare l'onore degli inglesi. Dopo averle tradotte, abbiamo riportato la loro lettura nell'audio che si trova in calce.
Ma si può riportarne subito la frase finale, che dovrebbe essere presa in seria considerazione da tutti coloro che con spensierata facilità parlano di pace:
Non si può costruire la pace nel mondo
se non sulla base della buona fede internazionale.
_______________________________
Per la registrazione audio rimandiamo all'articolo originale che si trova a questo LINK e per la trascrizione alla nostra PAGINA DEDICATA.
Per la registrazione audio rimandiamo all'articolo originale che si trova a questo LINK e per la trascrizione alla nostra PAGINA DEDICATA.
Nessun commento:
Posta un commento