di Vanni Frediani
Premessa
Da 'Se non ora, quando?', di Primo Levi - Einaudi
«Mendel trovò parole scarabocchiate col carbone su una parete, e chiamò Edek perché le decifrasse.
- Sono tre versi di un nostro poeta, - disse Edek. - Dicono così:
Maria, non partorire in Polonia, Se non vuoi vedere tuo figlio Inchiodato alla croce appena nato.
- Quando li ha scritti, questo poeta? - chiese Gedale.
- Non lo so. Ma per il mio paese, qualunque secolo sarebbe stato buono.
Mendel taceva, e si sentiva invadere da pensieri smisurati e confusi. Non noi soltanto. Il mare del dolore non ha sponde, non ha fondo, nessuno lo può scandagliare. Eccoli qui, i polacchi, i fanatici della Croce, quelli che hanno accoltellato i nostri padri, e hanno invaso la Russia per soffocare la rivoluzione. E anche Edek è polacco. E adesso muoiono come noi, insieme con noi. Hanno pagato, non sei contento? No, non sono contento, il debito non si è ridotto, è cresciuto, nessuno lo potrà pagare più. Vorrei che non morisse più nessuno. Neppure i tedeschi? Non lo so. Ci penserò dopo, quando tutto sarà finito. Forse ammazzare i tedeschi è come quando il chirurgo fa un'operazione: tagliare un braccio è orribile, ma va fatto e si fa. Che la guerra finisca, Signore a cui non credo. Se ci sei, fa' finire la guerra. Presto e dappertutto. Hitler è già vinto, questi morti non servono più a nessuno.
Accanto a lui, in piedi come lui nell'erica sporca di sangue e fradicia di pioggia, Edek terreo in viso lo stava guardando.- Preghi, ebreo? - gli chiese:
ma in bocca a Edek la parola "ebreo" non aveva veleno. Perché? Perché ognuno è l'ebreo di qualcuno, perché i polacchi sono gli ebrei dei tedeschi e dei russi. Perché Edek è un uomo mite che ha imparato a combattere; ha scelto come me ed è mio fratello, anche se lui è polacco e ha studiato, e io sono un russo di villaggio e un orologiaio ebreo. Mendel non rispose alla domanda di Edek, e Edek continuò: - Dovresti. Dovrei anch'io, e non sono più capace. Non credo che serva, né a me né ad altri. Forse tu vivrai ed io morrò, e allora racconta quello che hai visto sui monti della Santa Croce. Cerca di capire, racconta e cerca di far capire. Questi che sono morti con noi sono russi, ma sono russi anche quelli che ci strappano il fucile dalle mani. Racconta, tu che aspetti ancora il Messia; forse verrà per voi, ma per i polacchi è venuto invano.
Sembrava proprio che Edek rispondesse alle domande che Mendel poneva a se stesso, che gli leggesse nel fondo del cervello, nel letto segreto dove nascono i pensieri.
Ma non è così strano, pensò Mendel; due buoni orologi segnano la stessa ora, anche se sono di marche diverse. Basta che partano insieme.»
Istruzioni per riscrive la storia in quattro semplici passi:
1) Prendere la frase che recita: «ognuno è l'ebreo di qualcuno, perchè i polacchi sono gli ebrei dei tedeschi e dei russi».
2) Riscriverla nel seguente modo: «ognuno è ebreo di qualcuno, oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele».
3) Attribuire la frase così paradossalmente trasformata ad un'intervista a La Stampa che sarebbe stata rilasciata da Primo Levi in un imprecisato giorno del 1969.
4) Aspettare il poco tempo necessario affinché si diffonda a macchia d'olio scivolando sull'istintiva e ossessiva avversione a Israele.
Risultato:
L'effetto del clamore e del paradosso si trasforma magicamente in fatto assodato, ovvietà notoria, conoscenza condivisa, luogo comune.
L'uomo che morde cane diventa regola universale: gli uomini mordono i cani, si sa.
Una leggenda metropolitana entra così a far parte a pieno titolo del senso comune.
Questa frase, in particolare, viene roteata come una clava per zittire chi osi solamente dubitare delle proporzioni che intercorrono realmente tra gli effetti di un genocidio e quelli di un conflitto armato (trascurando con leggiadria sul dettaglio di chi sempre l'abbia voluto e di chi sempre l'abbia subito).
Si ottiene così l'inversione dei ruoli tra perseguitati e persecutori.
I discendenti dei sopravvissuti alle persecuzioni sono additati alla riprovazione e al disprezzo a causa degli effetti, veri, presunti o almeno ingigantiti, della loro cocciuta e ostinata propensione alla sopravvivenza, arrivando fino alla diretta invocazione di un odio presentato come doveroso.
Contemporaneamente i continuatori delle ideologie e delle pratiche dei carnefici vengono spacciati per innocenti, vittime della "ben nota" perfidia dei primi.
Provare per credere:
La frase corretta: 4 distinte pagine web
La calunnia: circa 1600 distinte pagine web
Riassumendo il punteggio, verità-calunnia, uno a 400: questa è internet, oggi.
Ma le bugie non hanno solo il naso lungo, hanno anche le gambe corte.
Dall'inizio della diffusione di questo hoax ad oggi qualcosa è cambiato: pochi mesi or sono la prestigiosa testata di Torino ha messo on-line tutte le pagine dell'intero archivio storico dal 1867 a oggi.
http://www.archiviolastampa.it/
E' possibile quindi ricercare parole e frasi nei titoli e nei testi degli articoli.
Com'era immaginabile le uniche tracce rinvenibili della frase "ognuno è l'ebreo di qualcuno" sono solamente due articoli intorno al romanzo, pubblicati nel 1982 e nel 1995, che riportano la frase correttamente, cioè in relazione ai polacchi.
Marcia verso l'Eden, La Stampa 19.05.1982 - numero 103 pagina 3
Commemorazione privata per Auschwitz, La Stampa 29.01.1995 - numero 28 pagina 4
Nel 1969 naturalmente di quella frase nessuna traccia.
Nessuno stupore: allora del 'popolo palestinese', giusto da un paio d'anni, si stava più che altro pensando a come inventarlo.
Attribuire quella infame frase a Primo Levi non dimostra solo una spaventosa ignoranza circa il suo reale pensiero (e fino a qui... se il sapere è un diritto, lo è purtroppo anche l'ignoranza).
La sua ossessiva ripetizione è invece un'aperta istigazione all'odio (in questo caso razziale) che non può più rimanere né incontrastata né impunita.
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