lunedì 16 aprile 2012

Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’antisemitismo - ParteIV

 



Dibattiti connessi ed eventi di rilievo parlamentare
Tra il 2009 e il 2010, parallelamente ai lavori d’indagine, hanno avuto luogo importanti
iniziative di studio e approfondimento, svolte in ambito parlamentare, su temi connessi a quelli oggetto dell’indagine. Tali eventi, tutti caratterizzati da una folta partecipazione sia da parte di parlamentari che di prestigiosi esponenti istituzionali, del mondo accademico e della società civile impegnata contro l’antisemitismo, hanno contribuito ad accrescere l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti del lavoro del Comitato d’indagine e a portarne il contributo al di fuori del “palazzo”.

In questa sede si ritiene opportuno richiamarli anche per gli spunti e stimoli che da tali
eventi sono derivati allo stesso lavoro d’indagine.
Nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, svolta
dalla III Commissione, si è tenuta il 16 giugno 2009 l’audizione del Presidente onorario del Centro Justice for Jews from Arab Countries, Irwin Cotler, e del David Meghnagi, docente dell'Università di Roma Tre. L’audizione si è concentrata sulla questione dell’esodo massiccio di ebrei e palestinesi come conseguenza della nascita nel 1948 dello Stato di Israele. Irwin Cotler, ex ministro della giustizia del Canada e giurista esperto di diritto internazionale umanitario, avvocato di Nelson Mandela noto per il suo impegno nella causa contro l’apartheid, ha ricordato che i fatti del ‘48 determinarono, insieme alla nota Naqba palestinese, anche un meno noto, ma più consistente movimento di profughi ebrei, che coinvolse circa 850 mila persone. L’esilio/esodo fu allora determinato dal rifiuto da parte della leadership di molti Stati arabi nei confronti del nascente Stato ed ebbe per vittima i cittadini di ascendenza ebraica. Il riconoscimento dei diritti dei profughi ebrei appartiene al novero delle questioni che compongono il nodo mediorientale e che dovrebbe trovare soluzione nel quadro di negoziati di pace. Quanto alla questione delle compensazioni, più che
ragionare in termini di ritorno è opportuno ragionare in termini di restituzione della memoria, della verità e della giustizia, concetti che rientrano nella nozione di compensazione data dal diritto internazionale. L’audizione ha quindi fatto emergere la proposta di considerare il 29 novembre - giornata in cui presso le Nazioni Unite si commemora ogni anno la tragedia dei profughi palestinesi – la ricorrenza riguardante l’esodo forzato di entrambi i popoli quale primo passo nella direzione di un reciproco riconoscimento della tragedia subita.

Nella sua esposizione il prof. Meghnaghi, inoltre, ha proposto una rappresentazione della
società araba moderna segnata dall’esperienza del nazionalismo che, culminato alla fine degli anni Sessanta, avrebbe azzerato la tradizione di pluralismo etnico e il modello di convivenza tra comunità islamiche e non, almeno in parte preesistente alla nascita degli Stati nazionali nell’area.
Anche alla luce di questa evoluzione, di questa “sparizione dell’alterità”, sarebbe da leggere l’attrito con la presenza ebraica nella regione e l’insofferenza nei confronti dello Stato di Israele.
Sul tema dell’antisemitismo, nel corso dell’audizione è stato evidenziato come nei confronti
di Israele, anche in occasione di dibattiti sulla questione degli esodi forzati dei due popoli, si
utilizzino espressioni mutuate dall’esperienza della Shoah, non solo nell’intento di delegittimare Israele, ma anche di privare il suo popolo della sua specifica identità ed esperienza storica.
Una successiva occasione di approfondimento sulla tematica è stato il Seminario, promosso dal Comitato d’indagine, sul tema “Perché l’antisemitismo: le domande della storia", svoltosi il 5 luglio 2010 e al quale hanno contribuito Robert S. Wistrich, Mario Toscano, Piero Craveri, David Meghnagi, Marcello Pezzetti, Giulio Meotti. Il Seminario si è aperto con la testimonianza di Ruth Halimi, madre di Ilan, giovane ebreo parigino trucidato nel 2006 da una banda di antisemiti. Il Seminario ha approfondito le radici storico-sociali dell’antisemitismo nella società europea. Nella relazione di David Meghnagi è stato evidenziato come l'antisemitismo non sia fenomeno solo di destra. Secondo lo storico Craveri l’antisemitismo ha trovato alimento nella politica di appeasement adottata da Inghilterra e Francia negli anni Trenta, con lo scopo di placare le mire espansionistiche di Hitler e scongiurare l'intervento militare contro la Germania. Le circostanze del rapimento e uccisione di Ilan Halimi richiamano, secondo lo storico Mario Toscano, il prototipo antisemita dell'ebreo ritenuto ricco e degli elementi che hanno caratterizzato l'antisemitismo contemporaneo, fra cui la questione israeliana e il ruolo politico internazionale del mondo sovietico. Secondo Marcello Pezzetti, storico della Shoah e direttore del Museo della Shoah di Roma, le ragioni dell'odio antisemita vanno ricercate in radici arcaiche e non solo negli ambienti politici di destra e sinistra. "L'antisemitismo è un'azione di barbarie all'interno della società” - ha dichiarato Robert S. Wistrich in teleconferenza da Gerusalemme -, “una specie di nuovo jihad che dai ritrovi dei gruppi nazifascisti si diffonde nelle università, nei giornali, nelle televisioni, tra coloro che hanno gli strumenti per tenere a distanza il pregiudizio antiebraico. Secondo Wistrich, una parte prevalente del problema è il clima di sospetto da parte degli accademici e dei media nei confronti di Israele e la
banalizzazione dell’antisemitismo, che non viene più avvertito come minaccia. Occorre fare appello alla responsabilità dei mezzi di informazione, tenendo conto che gli ebrei rappresentano un barometro del grado di tolleranza di una società.
Al convegno è intervenuto anche l’on. Volpi che ha sottolineato l’importanza che l’attività
svolta dal Comitato d’indagine muova verso proposte concrete, possibilmente di natura legislativa.
In questa sede appare opportuno richiamare, inoltre, la missione svolta dalla III
Commissione a Ottawa in occasione della Seconda Conferenza Interparlamentare contro
l’Antisemitismo, svolta a Ottawa dal 7 al 9 novembre 2010. Ai lavori della Conferenza hanno preso parte l’on. Fiamma Nirenstein, in qualità di vicepresidente della III Commissione, e l’on. Paolo Corsini. La Conferenza è stata organizzata dalla Coalizione Interparlamentare per la Lotta all’Antisemitismo (ICCA), costituita in occasione della Conferenza di Londra del febbraio 2009, con l’obiettivo di riunire parlamentari di tutto il mondo per condividere esperienze, informazioni e raccomandazioni al fine di contrastare più efficacemente l’antisemitismo contemporaneo. La Conferenza è terminata con l’adozione del “Protocollo di Ottawa”, che indica una serie di linee direttrici per l’azione futura di contrasto alla diffusione dell’antisemitismo.
Anche dai lavori della Conferenza, come già dall’audizione del Dottor Vulpiani, è emersa la
questione della mancata firma da parte dell'Italia del Protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest per il contrasto a forme di xenofobia e razzismo con i mezzi informatici. In proposito la Commissione esteri ha in seguito approvato il 14 dicembre 2010 la risoluzione n. 7-00445, presentata dalla presidente Nirenstein e dall’on. Corsini, che impegna il Governo a siglare il Protocollo in quanto strumento necessario per potenziare il coordinamento internazionale e adottare procedure più spedite per il contrasto di reati a sfondo xenofobo e razzista sui mezzi informatici.
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La definizione di antisemitismo
L’indagine si è svolta sulla base dei fondamenti definitori fissati a livello internazionale
dall’OSCE e dallo European Union Monitoring Centre on Racism and Xenophobia (EUMC),
agenzia dell’Unione europea per i diritti umani, ridenominata nel 2007 Agenzia europea per i diritti fondamentali (FRA), avente sede a Vienna.
Lo stimolo all’avvio di iniziative e occasioni di studio sul tema da parte dell’OSCE e
dell’Unione europea è giunto a conclusione della Conferenza di Durban sul razzismo, svoltasi nel settembre del 2001, pochi giorni dell’attentato alle Torri Gemelle a New York e preceduta da una conferenza regionale a Teheran fondata sull’equazione sionismo/razzismo.
Il primo riferimento è la Conferenza OSCE sull’antisemitismo, svolta a Vienna nel 2003, in
cui sono state individuate le nuove forme di antisemitismo messe a confronto con le note forme tradizionali.
Nel 2004 si è quindi tenuta a Berlino la II Conferenza sull’antisemitismo, cui parteciparono al massimo livello i governi degli Stati membri dell’OSCE e che pervenne alla adozione di una Dichiarazione sul nuovo antisemitismo, ovvero la demonizzazione di Israele. e la messa in dubbio sulla sua legittimità quale conclusione delle critiche mosse al governo dello Stato ebraico per il suo agire nel quadro della crisi mediorientale. Mai l’evolvere della situazione in Medio Oriente giustifica dichiarazioni di stampo antisemita.
Tra il 2002 e il 2003 l’EUMC ha quindi avviato la prima indagine sull’antisemitismo
nell’Unione europea per realizzare un monitoraggio sia sugli episodi antisemiti che sugli
atteggiamenti e i convincimenti della popolazione europea. Nel 2005 l’EUMC ha quindi messo a punto, in collaborazione con l’ODHIR dell’OSCE, una definizione operativa, acquisita ormai come riferimento per l’intera comunità internazionale, e che in questa sede appare opportuno riportare per intero:

“L'antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni retoriche e fisiche dell'antisemitismo sono dirette a individui ebrei e non ebrei o ai loro beni, a istituzioni comunitarie ebraiche e ad altri edifici a uso religioso.
In aggiunta aquanto detto, queste manifestazioni possono colpire lo Stato d'Israele, concepito come una collettività ebraica. L'antisemitismo spesso accusa gli ebrei di complottare per danneggiare l'umanità, e se ne fa spesso ricorso per dare la colpa agli ebrei 'quando le cose non vanno'. È espresso attraverso discorsi, scritti, forme d'espressione visiva e azioni, e utilizza stereotipi sinistri e caratterizzazioni negative. Esempi contemporanei di antisemitismo nella vita pubblica, nei mezzi di
comunicazione, le scuole, il lavoro, e nella sfera religiosa, possono includere, prendendo in considerazione il contesto generale, ma non si limitano a:
incitare, sostenere, o giustificare l'uccisione di o la violenza contro ebrei nel nome di un'ideologia radicale o una visione estremista della religione;

fare insinuazioni mendaci, disumanizzanti, demonizzanti o stereotipate degli ebrei in quanto tali o del potere degli ebrei come collettività - ad esempio, specialmente ma non solo il mito del complotto mondiale ebraico o gli ebrei che controllano i mezzi d'informazione, l'economia, il governo o altre istituzioni all'interno di una società;
accusare gli ebrei in quanto popolo di essere responsabili di ingiustizie vere o immaginarie commesse da un singolo ebreo o da un gruppo di ebrei, o anche per azioni commesse da non ebrei; negare il fatto, l'estensione e i meccanismi (ad esempio le camere a gas) o l'intenzionalità del genocidio del popolo ebraico per mano della Germania nazionalsocialista e dei suoi sostenitori e complici durante la Seconda Guerra Mondiale (l'Olocausto); accusare gli ebrei in quanto popolo, o Israele in quanto stato, di inventare o esagerare l'Olocausto.
Accusare cittadini ebrei di essere più leali a Israele, o a supposte priorità degli ebrei in tutto il mondo, che agli interessi della loro nazione.
Esempi di come l'antisemitismo si manifesta con riguardo allo Stato d'Israele, prendendo in considerazione il contesto generale, possono includere:
negare al popolo ebraico il proprio diritto all'autodeterminazione, cioè sostenere che
l'esistenza dello Stato d'Israele è un atto di razzismo;
adottare due misure diverse (a Israele) aspettandosi da esso un comportamento non atteso o richiesto a nessun'altra nazione;
usare i simboli e le immagini associate all'antisemitismo classico (per esempio accuse di ebrei che uccidono Gesù o l'accusa del sangue) per caratterizzare Israele e gli israeliani;
tracciare paragoni tra la presente politica d'Israele e quelle dei nazisti;
ritenere gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato d'Israele;

D'altro canto, le critiche rivolte a Israele che sono simili a quelle mosse a qualsiasi altro
paese non possono essere considerate antisemite. Gli atti antisemiti sono criminali quando sono così definiti dalla legge (per esempio la negazione dell'Olocausto o la distribuzione di materiale antisemita in certi paesi). I crimini sono antisemiti quando l'oggetto degli attacchi, siano essi persone o proprietà - per esempio edifici, scuole, luoghi di culto e cimiteri - sono scelti perché sono, o sono ritenuti essere, ebraici o legati agli ebrei. La discriminazione antisemita è il diniego agli ebrei delle opportunità e dei servizi disponibili agli altri cittadini ed è illegale in molti paesi”.

Razzismo, antisemitismo, antigiudaismo, antisionismo, anti-israelismo
Sin dall’avvio dei lavori dell’indagine, nella certezza che, come ha sottolineato l’on. Corsini,
“la necessità di una categorizzazione seria e fondata della terminologia appartiene anche alla dignità del linguaggio politico”, la differenziazione tra i fenomeni del razzismo, dell’antisemitismo, dell’antigiudaismo, dell’antisionismo e dell’anti-israelismo è apparsa un’istanza percepita come urgente e irrinunciabile.
Per operare la menzionata distinzione tra i fenomeni sono stati richiamati più volte i
contributi dello studioso Pierre-André Taguieff e dello storico Robert Wistrich. In termini scientifici
si può affermare che il fenomeno antisemita ha tre declinazioni: religiosa, in chiave antigiudaica;
razziale, in chiave antisemita; anti-israeliana, in parte assimilabile a quella antisionista (cfr.
audizione comunità ebraiche).

Richiamando i profili definitori acquisiti a livello europeo, nel corso dell’indagine è stata
ulteriormente approfondita la nozione di antisemitismo, su cui sono ripetutamente intervenuti gli onorevoli Boniver, Pianetta e Tempestini. E’ stato osservato che gli antisemiti sono tali perché attribuiscono un fondamento razzista e nazionalista, e non religioso, ad una visione in cui l’ebreo resta tale anche se laico o convertito. Inoltre, se si può affermare che tutti gli antisemiti sono razzisti ma che non tutti i razzisti sono antisemiti, è tuttavia indiscutibile che una mentalità razzista è tale perché si fonda su categorie del pensiero incentrate sull’idea di un’umanità “diversa” in quanto qualitativamente superiore o inferiore, e dunque accettano come possibili e giustificabili le teorie antisemite (on. Corsini).
Come ha evidenziato l’audizione del Ministro Frattini, la conoscenza è la prima condizione
affinchè il mondo, e non solo l’Europa, non debba più assistere a tentativi di annientamento fisico del popolo ebraico. Secondo Frattini, occorre individuare il fenomeno nelle sue forme dirette ed indirette: l’antisemitismo assume forme dirette nelle azioni delle frange estremiste di ispirazione neonazista, fenomeno che torna ad alzare la testa, e che resta per lo più ascrivibile ad ambienti di sottocultura giovanile.
L’antisemitismo assume invece forme indirette quando diventa negazionismo o revisionismo storiografico, sostenuto da taluni capi di Stato, illustri accademici o leader religiosi.
Quanto all’antigiudaismo, storicamente esso indica l’avversione per gli ebrei sostenuta da
un’ideologia religiosa, anche se le ragioni di tale ostilità non sono solo di ordine religioso. Per gli antigiudaisti l’unico “rimedio” è la conversione del giudeo. Per quanto riguarda l’ostilità cristiana, essa ha radici antiche e si lega anche al diffondersi della “dottrina della sostituzione”, secondo la quale, in quanto colpevoli di “deicidio”, gli ebrei non sarebbero più il popolo eletto, come dimostrato anche dalla distruzione del tempio di Gerusalemme e dal soffocamento della rivolta ebraica del secolo successivo. L’Alleanza tra Dio e Israele sarebbe sostituita da quella con i seguaci di Cristo e il Nuovo Testamento prenderebbe il posto di quello che viene definito “Vecchio”, in luogo di “Antico”, per denotarne in qualche modo il superamento.
Rispetto al rapporto con la Chiesa cattolica e alla situazione italiana, la svolta storica ha
avuto luogo con il pontificato di Giovanni XXIII, con il Concilio Vaticano II e la “Dichiarazione
sulle relazioni della chiesa con le religioni non cristiane” Nostra Aetate. Lo snodo fondamentale è coinciso con il pontificato di Giovanni Paolo II, che ha dato una svolta ai rapporti tra Chiesa e Stato di Israele, instaurando un dialogo vero fra cattolici ed ebrei ed avviando la cooperazione a livello diplomatico. I colloqui tra la Città del Vaticano e lo Stato di Israele, sono stati formalmente inaugurati l’11 marzo 1999 per l’applicazione dell’Accordo fondamentale (“Fundamental Agreement”) tra la Santa Sede e lo Stato ebraico del 30 dicembre 1993. Oltre al riconoscimento dello Stato di Israele, si deve al papa Giovanni Paolo II la richiesta di perdono per le mancanze e i peccati dei cristiani verso i loro "fratelli maggiori" nel corso dei secoli, richiesta pronunciata in occasione della prima visita di un pontefice alla Sinagoga di Roma.
In linea generale, il cristianesimo e l’ebraismo hanno favorito se non scelto, nelle realtà
istituzionali in cui si sono sviluppati, il modello democratico, fondato sul principio di responsabilità e sull’inviolabilità della persona umana.

La V parte del documento QUI

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