lunedì 16 aprile 2012

Sfatiamo un po' di miti sulla storia dello Stato di Israele





Non è vero che nel '48 gli ebrei hanno rifiutato la spartizione della Palestina mandataria decisa dalle Nazioni Unite: Israele non solo la ha accettata, ma nel '48 è stato anche istituito un Governo palestinese per la Palestina con sede a Gaza, sotto protezione egiziana, ed un altro con sede a Ramalla, sotto la protezione giordana ed irakena (che nel suo primo raduno nel '48 dichiarò di volere l'annessione alla Giordania). Il problema è stato che sia la Giordania, che l'Irak, che l'Egitto volevano la Palestina per sé e quindi gli arabi hanno rifiutato di accettare uno Stato palestinese (che infatti non si è mai cercato di creare durante l'occupazione egiziana e giordana di, rispettivamente, la striscia di Gaza e la West Bank, durata quasi 20 anni, dal '48 al '67).
Non è vero che lo Stato di Israele è nato dal rimorso dell'Occidente per la Shoah: Israele è nato dopo la Shoah e sicuramente la Shoah ne ha affrettato la creazione, ma, prima o poi, uno Stato ebraico sarebbe comunque nato in Israele. Israele non è un posto scelto a caso dagli ebrei, è la terra desiderata ed amata da tutti gli ebrei per più 5000 anni, presente in tutte le preghiere di tutta la giornata dell'ebreo. Israele è sempre stata la patria degli ebrei.
Non è vero che tutti i profughi palestinesi sono stati cacciati dagli israeliani nel '48: alcuni furono cacciati, ma molti scelsero liberamente di andarsene, fidandosi della propaganda araba che gli prometteva un veloce rientro appena gli ebrei sarebbero stati cacciati via. "Non bisogna dimenticare che l'Alto Comando arabo ha incoraggiato gli arabi a fuggire dalle loro case a Jaffa, Haifa e Gerusalemme e che alcuni leaders arabi hanno tentato di trarre vantaggio politico dalla miserabile condizione dei fuggiaschi" (Radio Near East di Cipro, 3/IV/1948); "Ma le prove inconfutabili provenienti da fonti sicuramente neutrali se non addirittura ostili ad Israele, come nel caso della Gran Bretagna, stanno a dimostrare che l'esodo fu provocato da un irrigidimento delle posizioni arabe e divenne in questa fase del conflitto la politica ufficiale dei governi belligeranti, tesi a screditare il neonato stato ebraico ed a costituire una potenziale forza d'urto da utilizzare in seguito contro di essi" Federico Steinhaus, "La terra contesa", Carucci, pp.177/8; "Gli Stati arabi, che hanno incoraggiato gli arabi di Palestina ad abbandonare le loro case temporaneamente per non ostacolare gli eserciti invasori, non hanno mantenuto le promesse di aiutare questi profughi" Quotidiano giordano "Falastin", 19/II/'49; "Tutti gli sforzi internazionali per aiutare i profughi a divenire cittadini capaci di provvedere alle loro stesse necessità sono stati resi vani dall'intransigenza degli Stati arabi" Assemblea generale dell'ONU, Relazioni ufficiali, 10^ Sessione, Supplemento n.15, A/1978).
Non è vero che i palestinesi hanno sempre lottato per avere uno Stato o che sia già esistita nella storia la Palestina come Stato indipendente: è indubbio che i palestinesi come popolo debbano avere un proprio Stato, ma storicamente non è mai esistito un tentativo dei palestinesi di costituire un proprio Stato fino alla creazione dello Stato di Israele. Il nazionalismo palestinese è un fatto recentissimo ("Può sembrare strano, ma è un dato storico che i palestinesi in Palestina hanno sempre sofferto ma mai lottato seriamente per l'indipendenza politica" "Il Giornale", 7-2-'88).
Non è vero che gli israeliani hanno tutte le colpe dei problemi attuali tra israeliani e palestinesi: gli israeliani che probabilmente hanno sottovalutato e gestito male il problema, i palestinesi che si sono fatti manipolare dai "fratelli" arabi e soprattutto gli Stati arabi vicini che hanno sempre condotto una politica atta a non creare uno Stato palestinese ed a distruggere Israele.
I paesi arabi sono responsabili dei campi profughi che hanno tenuto in condizioni pessime come serbatoio di odio contro Israele ("I governi arabi hanno adoperato con i rifugiati una politica astratta e inumana; al fine di mantenere alle frontiere di Israele una popolazione ostile, questi governi hanno sistematicamente respinto tutti i tentativi di organizzazione e di impiego per i rifugiati. Il loro atteggiamento consiste nel proibire ogni sorta d'adattamento e d'integrazione, essendo i rifugiati considerati mezzo di pressione politica per ottenere il maggior numero possibile di concessioni" Bollettino del gruppo di ricerca sui problemi dell'emigrazione europea, gennaio-marzo 1957; "Dal 1948, i dirigenti arabi trattano il problema palestinese in maniera irresponsabile. Non si sono preoccupati dell'avvenire. Non hanno alcun piano per risolverlo. Si sono serviti del popolo palestinese per fini politici egoistici. Ciò è ridicolo e, direi, persino criminale" Re Hussein di Giordania in un'intervista all'"Associated Press", 17/I/'60; "Tutti gli sforzi internazionali per aiutare i profughi a diventare cittadini capaci di provvedere alle loro stesse necessità sono stati resi vani dall'intransigenza degli Stati arabi. Finora le Nazioni Unite hanno già versato più di 450 milioni di dollari spesi unicamente per l'assistenza. Altri 200 milioni di dollari sono stati accantonati per servire alla riabilitazione, alla costruzione di abitazioni ed alla creazione di posti di lavoro, ma nel 1995 l'apposita organizzazione dell'ONU, l'UNRWA, segnalava che in conseguenza dell'ostruzionismo e della mancata collaborazione dei Governo arabi, questo secondo fondo era intatto." Assemblea generale dell'ONU, Relazioni ufficiali, 10^ Sessione, Supplemento n. 15, A/1978).
La leadership palestinese è responsabile della pessima condizione del loro popolo, che non ha visto quasi nulla degli aiuti ingenti mandati dall'Europa e dai paesi arabi ("Tutto il denaro appartenente al popolo palestinese è depositato a nome di Yasser Arafat, e il bilancio del Fondo Prestiti Palestinese non supera la somma degli stipendi di un mese e altre spese." "Aher Sa 'oh" il Cairo 4/VI/1986; "Quella presieduta da Arafat è una struttura sofisticata e ricca di mezzi, un apparato perfettamente oliato e gestito da professionisti della finanza... Fin'ora i finanziamenti sono venuti da una variegata serie di fonti...Un fiume di danaro. Tant'è vero che da qualche tempo i palestinesi dei territori occupati accusano i loro leader di concedersi lussi ingiustificati. Il ministero delle finanze dell'OLP si chiama Fondo nazionale palestinese e gestisce un patrimonio stimato in 15 miliardi di dollari, 18 mila miliardi di lire. Molti sono investiti a Wall Street attraverso società di copertura...Il controllo di Arafat sull'organizzazione è ferreo, in quanto la struttura è il formidabile laccio che tiene legata la gente dei campi al proprio boss... I manager palestinesi si sono ovunque lanciati in iniziative ai quattro angoli della terra...Più defilato, ma non per questo meno importante, il ruolo delle società ombra gestite dai principali gruppi palestinesi coinvolte in ogni genere d'affari. Armi, droga, tecnologia hanno costituito e costituiscono la merce di complesse operazioni triangolari... E sempre gli uomini di Jibril, aiutati questa volta da elementi del Fronte di lotta popolare, hanno messo in piedi in Scandinavia un'organizzazione criminale che, attraverso rapine e truffe ha fruttato qualcosa come un milione e mezzo di dollari" "Corriere della Sera", 21/XI/'90).
Indubbiamente la società israeliana ha molti difetti che devono essere corretti, ma non è vero che i palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana sono considerati "cittadini di serie B" tout cour. Ad esempio tutti sanno che essi non prestano servizio militare, ma pochi sanno che è una loro scelta proprio a causa della situazione ancora non definita nella zona che li porterebbe a scontrarsi con i loro fratelli. I palestinesi che non sono cittadini di Israele sono considerati come qualsiasi persona che vive in uno Stato, ma non ne è cittadino.
La "legge del ritorno" che dà il diritto a qualsiasi ebreo di immigrare in Israele (lo stesso diritto che hanno i palestinesi in Giordania), è una legge criticabile, ma è motivata da situazioni storiche che hanno visto, e vedono, gli ebrei con costanti problemi negli Stati in cui vivono. Lo Stato di Israele è nato appunto per ridare una casa a tutti gli ebrei che altrimenti vengono sottoposti a problemi, se non vere e proprie persecuzioni, nel resto del mondo. Ma chiunque può richiedere la cittadinanza israeliana, seguendo delle leggi che sono comuni a tutti gli Stati democratici (infatti vi sono cittadini israeliani cristiani - cattolici e protestanti - musulmani, drusi, etc...).
Non è vero che per gli ebrei è facilissimo costruire case in Israele: non è semplice né per gli ebrei, né per gli arabi. Tantissime case costruite, soprattutto arabe, sono abusive, ma vengono tollerate per evitare ulteriori tensioni. Lo Stato di Israele si regola, come tutti gli Stati democratici, attraverso delle leggi, ed in qualsiasi Stato la casa è di chi la compera: quando ci sono state espropriazioni di case abitate da palestinesi da parte di israeliani, questo è accaduto perché la casa è stata comperata (per esempio il quartiere di Har-Homa a Gerusalemme, che non costituisce una violazione degli accordi tra Israele e Palestinesi in quanto tali accordi non pongono alcun limite all'edilizia israeliana nelle aree sotto il controllo di Israele: il progettato quartiere di Har-Homa si trova in una zona non abitata, nei pressi del kibbutz Ramat Rachel, all'interno dei confini municipali di Gerusalemme. Le autorità israeliane, autorizzate dall'Alta Corte di Giustizia, hanno acquisito la terra da proprietari ebrei - 1.400 ettari - ed arabi - 450 ettari); quando ci sono state demolizioni di case, questo è accaduto perché erano abusive ed ogni tanto bisogna intervenire.
Indubbiamente la questione dell'acqua è un problema fondamentale in Israele e deve essere risolto attraverso nuove risorse ed una più equa distribuzione in tutto il paese, ma vi è una costante mancanza di acqua che non solo crea problemi agli abitanti di Israele, ma attualmente non permette anche allo Stato di adempiere agli obblighi, ad esempio, con la Giornata, il cui trattato di pace prevede che Israele le fornisca un tot di acqua.
Non è vero che in Israele non c'è piena libertà di culto ed accesso ai luoghi santi: basta andarci per scoprire che la libertà c'è e che solo adesso, sotto la sovranità israeliana e mai prima, sotto la sovranità inglese prima e Giordana poi, è stato sempre garantito l'accesso ai luoghi sacri delle tre religioni monoteiste e rispettata la sacralità di detti luoghi (durante l'occupazione giordana invece furono fatte costruire delle latrine nei pressi del Muro del pianto con lapidi di cimiteri ebraici). Ecco la "Legge sulla protezione dei luoghi santi" del 1967:
1. I Luoghi Santi saranno protetti dalle profanazioni e da ogni altra violazione, e verrà assicurata la libertà di accesso ai fedeli delle varie religioni.
2. (a) Chiunque profani o comunque violi un Luogo Santo è passibile di reclusione per un periodo di sette anni.
(b) Chiunque compia azioni atte a violare la libertà di accesso dei membri delle varie religioni ai luoghi sacri ad essi o ai loro sentimenti nei confronti di quei luoghi, sarà passibile di reclusione per un periodo di cinque anni.
3. Questa legge completerà gli esistenti legislativi e non sarà in deroga ad alcuno di essi.
4. Il Ministero per gli Affari Religiosi è incaricato dell'attuazione di questa legge e potrà, dopo consultazioni o proposte dei rappresentanti delle religioni interessate, e con il consenso del Ministero di Giustizia, emanare regolamenti riguardo la sua applicazione.
5. Questa legge entrerà in vigore alla data della sua adozione da parte della Knesset.
Ad Israele viene sempre riservata un'attenzione tutta particolare. Il rabbino Giuseppe Laras ha detto: "Una critica morale, che aspiri ad essere seria e costruttiva, deve poter coinvolgere nella propria analisi non solo parti e frammenti di un fenomeno, ma il fenomeno stesso nella sua compiutezza e generalità. Da qualche parte si tenta di giustificare questo rigore moralistico, questa sorta di spietata severità nei confronti di Israele, invocando la particolare dimensione spirituale d'Israele. Ma perché tutto questo interesse per l'anima di Israele? Israele non è l'unico a possedere un'anima. Tutti gli uomini ce l'hanno. Anche gli arabo-palestinesi hanno un'anima. Però quando nel 1982 il governo siriano ordinò di soffocare la rivolta musulmana di Hana, massacrando 20.000 persone, il mondo non si indignò" né si è indignato recentemente per le manifestazioni di palestinesi - a sostegno alla nuova Intifada - in Giordania ed in Egitto, soffocate nel sangue dai rispettivi governi.

Silvia Antonucci

http://www.morasha.it/israele/polemica03.html

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