mercoledì 18 aprile 2012
ONU, ONG e la guerra fondata sui principi dei diritti umani: dalla lezione di Durban al "Goldstone Report".
http://www.ngo-monitor.org/article/recalling_the_jenin_massacre_libel
Titolo originale: RECALLING THE JENIN ‘MASSACRE’ LIBEL
di Gerald M. Steinberg
Jerusalem Post , 8 Aprile 2012
Dieci anni fa, le false accuse di “massacro” e “crimini di guerra” contro i civili palestinesi a Jenin rappresentarono il primo esempio di un nuovo tipo di guerra che sfrutta i principi dei diritti umani.
Questa fu la prima volta che venne applicata la strategia sviluppata solo pochi mesi prima, durante la Conferenza Mondiale Contro il Razzismo, organizzata dall'ONU nel 2001 (la tristemente famosa Conferenza di Durban).
Nel 2009, il Goldstone Report sulla Guerra di Gaza venne basato sulla stessa strategia già usata per Jenin.
Il 3 aprile del 2002, a seguito dei terribili attacchi palestinesi a Netanya durante la cena di apertura della Pasqua ebraica e altri attacchi di killer suicidi, l'Esercito Israeliano lanciò infine l'operazione “Defensive Shield” - la prima massiccia operazione di contrattacco anti-terroristico da parte israeliana.
Gli ufficiali Palestinesi accusarono immediatamente l'IDF di aver commesso un “massacro” nel campo profughi di Jenin – centro operativo dei terroristi. In parallelo, un certo numero di rappresentanti di diverse ONG per i “diritti umani” fecero eco a queste accuse, prive di qualsiasi conferma proveniente da investigazioni indipendenti.
Amnesty International (AI) e Human Rights Watch (HRW), profondamente coinvolte nel fiasco della Conferenza ONU a Durban, saltarono fuori, ripetendo immediatamente le accuse di “crimini di guerra” esigendo la nomina di quello che indicavano come un "comitato indipendente di indagine".
Il 16 aprile Le Monde citò Human Rights Watch, mentre il 18 aprile la BBC riportò le parole del rappresentante di Amnesty International, Derrik Pounder, che ripeteva le accuse di massacro.
Nonostante Amnesty International non avesse informazioni, rilasciò una dichiarazione in cui si diceva: “Le prove raccolte indicano che sono stati commesse gravi violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario, tra cui crimini di guerra”.
Così come HRW e gli ufficiali Palestinesi, anche AI richiese una “inchiesta indipendente”. Altre influenti ONG pubblicarono condanne simili.
Il 3 maggio, ad un solo mese dall'inizio delle operazioni, HRW lanciò un “report investigativo” di 50 pagine, Jenin: le operazioni militari IDF basato principalmente su “testimoni oculari” Palestinesi, assolutamente inverificabili. Ovviamente, nessuna analisi credibile si sarebbe potuta produrre in un tempo tanto breve, ma il fine ultimo era politico. Solo una frase menzionava il contesto di terrorismo di massa, mentre il resto consisteva in accuse apertamente false come “gli attacchi militari dell'IDF furono indiscriminati... non riuscirono a fare distinzione fra civili e combattenti... furono decisamente sproporzionati”.
In questo modo il fatto che non avvenne nessun massacro, venne negato dall'uso di una lingua demonizzante. Il fatto che i leader Palestinesi avessero collocato il loro centro terroristico proprio in corrispondenza di un'area densamente popolata – una chiara violazione deglii standard morali e legali condivisi – venne così cancellato.
HRW, così come altre ONG politiche, ignorarono inoltre la decisione dell'IDF di usare forze di terra in questa operazione, piuttosto che attacchi aerei, proprio con l'intento di minimizzare le perdite di civili fra i Palestinesi.
Come risultato di questa scelta, più di 20 soldati Israeliani dell'IDF, furono uccisi da trappole esplosive poste all'interno di edifici. Ma conformandosi alla loro agenda ideologica, gli esponenti di spicco di HRW, come Kenneth Roth, continuarono a ripetere le false accuse secondo cui l'IDF avrebbe ucciso civili indiscriminatamente.
Attraverso i media internazionali, così come i diplomatici stranieri, i leader politici e accademici, le accuse basate su questi rapporti fake delle ONG come Human Rights Watch e Amnesty International, sono state ripetute, senza porsi alcuna domanda.
Ed ogni volta che sono state ripetute le accuse, come è avvenuto in molti dei 15 comunicati stampa e report di HRW che condannavano Israele, questo ha innescato cicli di titoli fortemente anti-israeliani.
Al contrario, HRW è riuscito a pubblicare solo un singolo report – alla fine del 2002 – in cui si criticavano i Palestinesi per la campagna di terrore che provocò la morte di centinaia di Israeliani. E perfino questa pubblicazione fu capace di ignorare la gran parte delle prove, in maniera da assolvere Yasser Arafat dalle responsabilità per il suo diretto coinvolgimento negli omicidi di massa.
La campagna delle ONG, accompagnata dall'iniziativa del blocco islamico, ha portato alla nomina di una “squadra d'inchiesta” chiaramente di parte, per “investigare” in merito alle le accuse di crimini di guerra, mosse agli israeliani.
Come risultato, il governo israeliano ha rifiutato di cooperare. Il rapporto delle Nazioni Unite, sulla stessa linea di HRW e di altre ONG, esattamente come il governo israeliano aveva previsto, fu altrettanto unilaterale.
Questo processo, dalle accuse pregiudiziali (non accompagnate da prove) alla inverificabile e falsa “prova” finale, con le raccomandazioni di sanzioni legali contro Israele, fornì lo schema particolareggiato usato poi dal blocco islamico all'ONU, in cooperazione con Human Rights Watch ed altre ONG, per produrre infine il Rapporto Goldstone.
Il “massacro di Jenin” aveva provato che la "Strategia Durban" poteva essere usata con successo per la lotta politica. Il Governo Israeliano e i militari erano impreparati a difendersi da questo attacco. Alla fine, i fatti cominciarono a rimpiazzare i miti, ma a quel punto la campagna di demonizzazione aveva già raggiunto i suoi obiettivi. Sulla base delle invenzioni di Jenin, il primo turno di “BSD” (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) era già cominciato.
Questo modello fu poi ripetuto molte volte e perfezionato, selezionando il Giudice Richard Goldstone (un uomo di fiducia di Kenneth Roth – HRW) come guida di un'altra pseudo-indagine basata ancora una volta sulle accuse e invenzioni delle ONG.
Ma qualcosa è cambiato negli scorsi dieci anni.
Tardivamente, Goldstone ha avuto il coraggio di riconoscere che il quadro in cui si inserì il rapporto era prevenuto contro Israele, e che le “prove” non sostenevano le accuse.
Alcuni rappresentanti del Governo Israeliano hanno sviluppato delle contro-strategie, fra cui il mettere in luce la duplicità morale dell'alleanza ONU-ONG. E un ristretto – ma in continua crescita – gruppo di giornalisti responsabili e diplomatici riconoscono che Israele si è attenuto seriamente ai principi dei diritti umani.
Ci sono voluti 10 anni, ma forse finalmente la lezione di Jenin è stata appresa.
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L'autore dell'articolo è professore di Studi Politici presso la Bar Ilan University e presidente della "NGO Monitor", un'istituzione di ricerca con sede a Gerusalemme, che si dedica alla promozione dei diritti umani universali e ad incoraggiare una discussione civile sui report e le attività delle organizzazioni non governative, particolarmente nel Medioriente.
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