domenica 15 aprile 2012

Negazionismo, antisemitismo, rimozionismo

 
di Francesco Germinario
(estratto)
1.Cosa si intende per negazionismo

Col termine «negazionismo» s’intende il tentativo condotto da «studiosi» e divulgatori di vario genere di negare che la Shoah si sia mai verificata, ovvero il tentativo di dimostrare che, anche se degli ebrei sono stati assassinati nel corso della seconda guerra mondiale, il loro numero sarebbe stato assolutamente inferiore a quello accertato dalla storiografia, perché il regime nazista non avrebbe mai inteso sviluppare una politica di sterminio1. Una delle articolazioni dell'argomentare negazionista è che se degli ebrei sono morti nel corso della guerra tale morte sarebbe conseguita dal quadro generale e dalle condizioni del conflitto (e cioè da carestie, bombardamenti, dall'assenza di medicine, dallo sviluppo delle epidemie ecc.), una morte in ogni caso numericamente non superiore
a quella di civili di nazioni coinvolte nella guerra. Volendo ricorrere alle categorie del dibattito storiografico sulla Shoah, dovremmo osservare che il negazionismo – o almeno parte di quell’area politica – nega che nelle alte gerarchie naziste sia maturata a priori la decisione di procedere all’eliminazione fisica dell’ebraismo europeo – orientamento coniato dalla storiografia come «intenzionalista», ed addebita - al contrario - alle vicende provocate dalla guerra la morte (si badi: non lo sterminio) degli ebrei; mostrando di condividere in questo modo un approccio analitico di orientamento «funzionalista». Di conseguenza, per il negazionismo le camere a gas, l’utilizzo dello Zyklon B, dei forni crematori e di ogni altro strumento volto allo sterminio degli ebrei da parte del Terzo Reich sarebbero solo aspetti della propaganda postbellica, tesa a screditare il regime nazista e la sua immagine storica e politica, da parte del blocco di potenze vincitrici della seconda guerra mondiale.

Alla questione inerente la drastica riduzione del numero di ebrei registratasi in Europa alla fine della seconda guerra mondiale, il negazionismo replica che numerosi di essi erano già emigrati in America per conto loro. L’obiezione potrà sembrare molto ingenua; e tuttavia, poggia sullo sfondo della tradizione politico-culturale dell’antisemitismo, sempre molto sospettosa delle cifre sulla consistenza numerica degli ebrei: ad esempio Louis-Ferdinand Céline, autore del testo Bagattelle per un massacro, tentando una stima quantitativa degli ebrei francesi giunge a calcolare «un milione di ebrei [...] due milioni forse se si contano gli ebreizzati...gli 'ingiudagliati'».(2) Il negazionismo eredita dall’antisemitismo novecentesco qualcuna delle sue idee-forza decisive: la convinzione, per esempio, che le statistiche ufficiali mentano sul numero degli ebrei e la deduzione conseguente che la loro quantità effettiva sia molto più alta. Comincia così ad affacciarsi uno degli argomenti che talvolta è ricorso nella pubblicistica negazionista: lo sterminio degli ebrei potrebbe esserci stato (naturalmente non nelle dimensioni di cui discute la storiografia), epperò esso viene
letto quale tattica della ben nota perfidia ebraica, tendente a presentare la presenza fisica degli ebrei sotto un basso profilo. Insomma, l’antisemitismo sarebbe una tecnica degli ebrei. L’argomento, su cui si ritornerà più avanti, è tutt’altro che una novità.

( Sul negazionismo in generale Pierre Vidal-Naquet, Gli assassini della memoria, Editori Riuniti, Roma, 1993 [ed. or., Les assassins de la mémoire, «Un Eichmann de papier» et autres essais sur le révisionnisme, La Découverte, Paris, 1987]; Florent Brayard, Comment l’idée vint à M. Rassinier. Naissance du révisionnisme, Fayard, Paris, 1996; Nadine
Fresco, Fabrication d’un antisémite, Seuil, Paris, 1999; Valérie Igounet, Histoire du négationnisme en France, Seuil, Paris, 2000; Robert Solomon Wistrich, Negazionismo, in Walter Laqueur (a cura di), Dizionario dell’Olocausto, edizione italiana a cura di Alberto Cavaglion, Einaudi, Torino, 2004, pp. 492-503 [ed. or., The Holocaust Encyclopedia,
Yale University Press, New Haven, 2001].
2 Louis-Ferdinand Céline, Bagattelle per un massacro, Guanda, Milano, 1981, p. 257 [ed. or., Bagatelles pour un massacre, Denoël, Paris, 1937].)

2.La presunta scientificità dei negazionisti
In prima istanza sono due le considerazioni che il negazionismo solleva negli studiosi ufficiali di Shoah. La prima è che con i pubblicisti negazionisti non sia possibile, né necessario alcun confronto. Ai negazionisti non si replica perché, a parte le loro posizioni politiche, sulle quali si ritornerà, essi non possono essere assunti quali interlocutori credibili di un eventuale dibattito storiografico sulla «soluzione finale».
La seconda è che il negazionismo appare agli storici una forma di antisemitismo, e, precisamente, di quel tipo di antisemitismo che s’è venuto configurando dopo Auschwitz e che recupera, rielaborandoli, alcuni aspetti e temi già presentatisi nella vulgata di fine Ottocento, inizio Novecento. La pretesa dei negazionisti di autocelebrarsi quali «storici revisionisti», sull’onda del dibattito storiografico dell’ultimo ventennio; addirittura la pretesa di presentare come «scientifiche» le loro tesi, sono pretese da intendersi, la prima, come un tentativo di accreditare le loro posizioni nel dibattito storiografico medesimo. Quanto alla seconda, essa è poco più che la riproposizione di uno dei punti forti dell’immaginario della tradizione antisemita. E qui è necessario sviluppare brevemente quest’ultimo punto.
Un esempio paradigmatico del modo in cui il negazionismo recupera i temi della tradizione
antisemita di fine Ottocento, inizio Novecento è il seguente. Da Toussenel a Drumont, da Marr a Evola, per fare riferimento ai teorici più rappresentativi dell’antisemitismo, esso ha sempre mirato a presentarsi sul mercato politico e delle idee come una dottrina «scientifica», simile alle scienze naturali, priva di finalità politiche o ideologiche. A conferma che in tale pretesa di «scientificità» ricorra uno dei punti forti dell’antisemitismo, è appena il caso di rilevare che non è dato di trovare autore che non accenni o sviluppi la posizione espressa qui di seguito, una piatta ripetizione (Céline, parlerebbe di «giudeologia»): l’antisemitismo è una dottrina «scientifica»; essendo una rigorosa disamina, sine ira ac studio, dei mali della società contemporanea ed è politicamente neutrale o,
comunque, indifferente agli schieramenti politici.
A questa pretesa dell’antisemitismo di presentarsi come una dottrina «scientifica» la ricerca storica e teorico-politica non ha riconosciuto la necessaria importanza. E tuttavia essa – è il caso di ribadirlo – sembra caratterizzare in profondità l’antisemitismo novecentesco, al punto che è possibile osservare la sua autocandidatura a porsi come una visione del mondo impolitica certo, ma anche antipolitica, nella misura in cui delegittima come ideologiche e astratte tutte le altre posizioni presenti sul mercato politico e delle idee.

Ebbene, è significativo che questa medesima pretesa la si rintracci anche nella pubblicistica
negazionista, specie in quella che prende le mosse da Robert Faurisson, sia pure limitatamente agli studi storici sull’antisemitismo nazista: ideologiche, (e dunque menzognere), politicamente orientate (e dunque prive di un’effettiva conoscenza degli avvenimenti) sarebbero state, per il negazionista, le analisi storiografiche sullo sterminio degli ebrei, da Faurisson medesimo finalmente delineate in un'ottica di rigorosa neutralità scientifica.
In altri termini, così come l’antisemitismo rivendica una neutralità politica piegata a delegittimare l’avversario (il socialista, il democratico ecc.), accusato di essere portatore di progetti politici inadeguati a risolvere la «questione sociale», il negazionismo pretende dignità «scientifica» in ambito storiografico, autorappresentandosi, anzi, quale unica storiografia dotata di rigore scientifico e analitico, con l’obiettivo di delegittimare la storiografia corrente, naturalmente respinta perché ideologicamente e politicamente orientata.
Questo paragone pone un problema storiografico significativo, cui in questa sede si può solo accennare rapidamente. Anche se l’antisemitismo – e in genere tutto l’universo ideologico razzista – a partire dal 1945 ha presentato diverse novità teoriche (delle quali il negazionismo, appunto, è una declinazione) ha però mantenuto intatti diversi suoi temi – incluso quello dell’esistenza di una cospirazione, sia pure «sionista» e non ebraica - naturalmente rielaborandoli e adattandoli alla nuova situazione politica.

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