etanyahu e immagini commemorative sul Sionismo delle origini (Credits: AP Photo/Sebastian Scheiner |
di Anna Momigliano
Esattamente vent’anni fa l’Assemblea generale delle Nazioni Unite revocava la Risoluzione che equiparava il sionismo a “una forma di razzismo e discriminazione razziale“. Oggi il quotidiano conservatore Jerusalem Post ricorda così la storica decisione del 1991: “L’immagine dell’ambasciatore israeliano al Palazzo di Vetro che stracciava la Risoluzione davanti all’assemblea riunita in sessione plenaria resta scolpita nella psiche collettiva israeliana”.
La Risoluzione 3379, che equiparava il Sionismo al razzismo, era stata approvata dall’Assemblea generale Onu il 10 novembre 1975, con 72 voti favorevoli, 35 contrari e 32 astenuti. È stata revocata dalla medesima assemblea il 16 dicembre 1991, attraverso un’altra Risoluzione, la 46/41, con una maggioranza schiacciante di 111 voti favorevoli, contro 25 contrari e 13 astenuti. La vittoria morale principale, dal punto di vista israeliano, risiedeva nel fatto che tra i 111 Paesi che revocarono l’equazione tra Sionismo e razzismo ce n’erano molti che sedici anni prima l’avevano promossa.
Ora, “Sionismo” è un termine spesso utilizzato a sproposito. Ma che cosa significa esattamente? Il termine è stato coniato intorno alla metà dell’Ottocento per descrivere il desiderio da parte di alcuni ebrei europei di stabilirsi in Palestina (allora sotto l’impero Ottomano) dove potersi emancipare dai ghetti e vivere un una qualche forma di autogoverno (non necessariamente uno Stato indipendente). A quei tempi il Sionismo era sia il prodotto di una serie di movimenti ideologici che portarono all’autodeterminazione di altri Stati-nazione (non ultimo il Risorgimento italiano), ma anche per la crescente preoccupazione davanti alle ondate di antisemitismo, soprattutto nell’impero russo e in Francia.
Per farla breve, anche se spesso è utilizzato in altro modo, Sionismo significa banalmente riconoscere il diritto per gli ebrei (non solo europei) di ritornare in Palestina. La cosa portrà sorprendere, ma in Israele alcuni storici e intellettuali lo considerano un termine desueto perché ormai il ritorno degli ebrei nella regione mediorientale è già un fatto compiuto e di conseguenza il Sionismo è un’ideologia che appartiene al passato. Come ha scritto il filosofo Justin E. H. Smith: “Oggigiorno l’antisionismo è privo di senso tanto quanto l’anti-bonapartismo o l’opposizione alla rivoluzione agricola. Tutte queste cose sono già avvenute, l’unica domanda rilevante è come affrontare la loro eredità”.
Si potrebbe obiettare che il Sionismo ha ancora una valenza oggi, perché in Israele vale la Legge del Ritorno che consente a ogni ebreo della Diaspora di acquisire la cittadinanza israeliana. Personalmente riconosco che questa legge è un tantino controversa, perché discrimina tra un’etnia e un’altra. Ma per mera correttezza ideologica bisognerebbe fare notare che moltissimi Stati-nazione contemplano leggi simili: la Germania ha leggi speciali per facilitare l’ottenimento della cittadinanza per i cittadini dell’Est Europa di origine tedesca, e l’Italia ha normative analoghe per i discendenti degli emigrati.
In conclusione, il Sionismo è un’ideologia che può non piacere. Ma opporsi ad esso significa opporsi a un fatto compiuto e, soprattutto, paragonarlo al razzismo significa implicitamente considerare razzista la stessa forma di Stato-nazione.
2 commenti:
Articolo ottimo, chiaro e semplice! Ho finalmente LA risposta da dare a chi ancora fa confusione, sinceramente o no.
GRAZIE
Grazie del commento, Paolo, felici di essere utili!
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