lunedì 16 aprile 2012

Maasè Bereshit L'Opera della Creazione

 


Rabbì Nosson Scherman
Traduzione di David Pacifici
Il testo italiano della parashà è la traduzione di
Rav Alfredo Sabato Toaff z"l
tratta da "Pentateuco ed Haftarot"


Si inizia lo studio della Torah mettendo a fuoco il fatto che la Torah non è un libro di storia, bensì il "manifesto" della missione dell'Uomo nell'universo. Così, nel suo primo commento, Rashì cita Rav Yitzchak il quale sostiene che, poiché la Torah è soprattutto un libro di leggi, sarebbe dovuta cominciare con il comandamento sulla luna nuova (Esodo 12:2), la prima legge che fu imposta a tutti gli ebrei come nazione. Spiega Rashì che il motivo della narrazione che la Torah fa della Creazione è lo stabilire che Dio è il Sovrano dell'universo: Egli ha dichiarato al Suo popolo la potenza del Suo operare per dare ad essi il retaggio delle nazioni (Salmi 111:6). Se le nazioni accusassero Israele di banditismo per essersi appropriato delle terre dei sette popoli di Canaan, Israele potrebbe rispondere: "l'intero universo appartiene a Dio. Esso lo ha creato e lo ha destinato a chiunque Gli sembrasse adatto. Fu Suo desiderio dar loro la terra di Canaan, poi fu Sua volontà togliergliela e darla a noi."

Come nota Ramban, anche dopo aver letto come il mondo ed il suo elemento centrale, l'Uomo, furono creati, noi continuiamo a non capire il segreto o il reale processo della Creazione. Piuttosto, l'opera della Creazione è un profondo mistero che può essere compreso solo per mezzo della tradizione trasmessa da Dio a Mosè, e coloro che hanno il privilegio di avere affidata questa conoscenza nascosta non hanno il permesso di rivelarla. Ciò che noi invece sappiamo è che Adamo ed Eva, i precursori dell'umanità, avevano la missione di portare a compimento la Creazione attraverso l'osservanza del comandamento di Dio. Fallirono e furono esiliati.

La missione dell'Uomo però non è cambiata, lo sono solo le condizioni in cui deve essere portata avanti. Dio punì i trasgressori ma non li eliminò. Potevano pentirsi; in effetti il concetto di pentimento era un prerequisito all'esistenza dell'Uomo che non sarebbe potuto sopravvivere senza. Lo stesso fu per i successivi peccatori Caino e Lemeh. Anche questo è uno dei più importanti insegnamenti della storia della Genesi: l'Uomo può peccare ma può anche recedere, e Dio gli dà la possibilità di farlo.
Tutto questo è un preludio alla storia di Israele. Dio fu paziente per dieci generazioni tra Noè ed Abramo, mentre ciascuna di quelle generazioni mancava di portare avanti la missione per la quale era stata creata. Dopo il fallimento, Dio scelse Abramo e la sua progenie come incaricati della missione che prima era stata universale (vedi Avot 5:2). Ramban sostiene che per questo la Genesi è chiamata il Libro della Creazione: l'essenza della Creazione non è principalmente la storia delle montagne e delle valli, degli oceani e dei deserti, e nemmeno dell'Uomo e della vita animale. La Creazione è la storia della nascita di Israele, la nazione che ha ereditato il compito di Adamo ed Eva. In questo primo libro della Torah seguiamo la storia di Israele, dalle vite di Abramo e Sara fino a che i loro discendenti si trasformano in famiglia e poi in nazione.
Ramban commenta che la Torah riporta la storia dei sei giorni della Creazione ex nihilo, per stabilire che Dio è il solo Creatore e rigettare le teorie di coloro che sostengono che l'universo è senza tempo o che venne in essere per una qualche enorme coincidenza od incidente. Ciò è implicito nella narrativa dei primi sei giorni in quanto la Scrittura non dà alcun dettaglio specifico riguardante il processo della Creazione, così come non fa menzione di angeli o di altri esseri incorporei. La storia della Creazione ci dice quando le più importanti categorie dell'universo sono venute in essere solo in termini molto generali, poiché il suo scopo primario è stabilire che nulla è stato creato se non al comando di Dio.

Genesi cap.1, v.1. In principio Dio creò il cielo e la terra.

All'inizio del creare di Dio. Abitualmente si traduce "In principio Dio creò..." che indicherebbe che la Torah sta per darci la sequenza della Creazione, cioè che Dio creò i cieli, poi la terra, le tenebre, l'acqua, la luce e così via. Rashì e Ibn Ezra però non sono d'accordo e la traduzione quì proposta segue il loro parere.
Secondo Ramban e la maggior parte di altri commentatori il verso è realmente cronologico. Comincia con una affermazione generale: nel primo istante - dall'assoluto nulla - Dio creò il cielo e la terra, cioè la sostanza di base dalla quale ha poi forgiato l'universo così come noi lo conosciamo, secondo quanto è esposto nei versi che seguono. Il capitolo continua con lo svolgersi giornaliero del processo, finché raggiunge l'apice nella Creazione dell'Uomo - l'obiettivo primario della Creazione.
Omileticamente, la parola bereshit può essere resa bishvil reshit e cioè: [il mondo fu creato] a beneficio del[le cose che sono chiamate] "l'inizio" a significare che Dio portò il mondo in essere a beneficio di quelle cose che sono di tale basilare importanza che la Torah le chiama reshit, prime o iniziali.
Tali cose sono la Torah ed Israele; per questo la ragione della Creazione è che Israele accetti e metta in pratica la Torah (Rashì).
Il Midrash aggiunge altre cose chiamate reshit, come ad esempio i comandamenti riguardanti il primogenito, le primizie dei campi ed i doni ai Coanim che debbono essere prelevati dai raccolti e dagli impasti prima che siano consumati. Questo implica che lo scopo della Creazione sia di consentire agli ebrei di dedicare i loro primi sforzi e successi al servizio di Dio.
Dio. Questo Nome connota Dio nel Suo Attributo di Giustizia, come Sovrano, Legislatore e Giudice del mondo. Usando esclusivamente questo Nome nella narrazione della Creazione, la Torah indica che la Giustizia è lo stato ideale del mondo e cioè che l'Uomo dovrebbe essere trattato esattamente come merita, secondo il suo comportamento. Però, poiché l'uomo non è abbastanza virtuoso da sopravvivere ad uno scrutinio così severo, Dio ha aggiunto il Suo Attributo di Misericordia alla storia della Creazione, in modo che il giudizio sia temperato dalla clemenza (vedi 2:4).

2. La terra era sterminata e vuota, le tenebre erano sulla faccia dell'abisso e lo spirito di Dio si librava sulla superficie delle acque.
Tenebre. Non si tratta semplicemente della assenza di luce, bensì di una specifica creazione, come è chiaramente espresso in Isaia 45:7: Colui che forma la luce e crea le tenebre. Questo ci viene anche indicato dalla definizione dei Maestri che finché luce e tenebre non furono separate l'una dall'altra, rimasero "mescolate", cioè con chiazze di luce e tenebre frammiste l'un l'altra.

3. Dio disse: "Sia luce". E luce fu.
Con questo verso inizia una dettagliata cronologia della Creazione, ma, come già notato sopra, la narrazione della Creazione supera lo scopo di questa antologia ed il commento sarà limitato ad una breve selezione dei commentari pertinenti.

4. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre. 5. Dio chiamò la luce giorno e chiamò la notte tenebre; così fu sera e fu mattino, un giorno.
Dio vide che ... era cosa buona. Nel senso letterale, Dio vide che la luce era cosa buona, così decretò che non si mischiasse più con la tenebre, ma funzionasse indipendentemente durante il giorno (Rashì). Ramban sostiene che il termine vide che era cosa buona significa che Dio espresse la sua approvazione e decretò la stabilità del fenomeno in discussione, in questo caso la luce che non richiedeva ulteriori perfe-zionamenti. Poi (v.5), "Dio convocò la luce e la nominò di turno di giorno, convocò le tenebre e le nominò di turno di notte." (Pesahim 2b).
Secondo il Midrash, la luce originale era di una intensa qualità spirituale e Dio vide che i cattivi non erano meritevoli di goderne. Di conseguenza la separò dal resto dell'universo e la mise da parte perchè ne fruissero i giusti nel Mondo a Venire (Rashì).
Per tutta la narrazione la formula che era cosa buona indica che l'elemento in discussione è stato completato. Così, per esempio, la luce è descritta come buona in quanto la sua esistenza e la sua funzione sono divenute definitive. Le acque, invece, non ricevono la forma finale fino al terzo giorno quando sono riunite in mari ed oceani. Per questo non sono chiamate buone fino al terzo giorno (Rashì sul v.7).

E fu sera e fu mattino. Il primo giorno è ora completo. Il Testo usa il numero cardinale ehad, giorno uno, invece del numero ordinale rishon, primo giorno, per indicare che in quel giorno Dio era Uno [in quanto la frase può essere resa il giorno dell'Uno e Solo]. In quel giorno Dio era ancora l'unico essere spirituale esistente in quanto gli angeli non furono creati fino al secondo giorno (Rashì).

6. Dio disse poi: "Sia una distesa in mezzo alle acque che separi le une dalle altre". 7. Dio fece la distesa e separò le acque che sono al di sotto della distesa da quelle che sono al di sopra di essa. E così fu. 8. Dio chiamò cielo la distesa; così fu sera e fu mattino, un secondo giorno.
Secondo giorno. I cieli erano stati creati nel primo giorno ma erano ancora in uno stato di continuo mutamento. Il secondo giorno, all'ordine di Dio "Ci sia una distesa" essi si solidificarono creando una divisione tra le acque di sopra e le acque di sotto (Rashì). Secondo il Ramban, però, la separazione di cui si parla nel verso è solo tra gli aspetti extraterrestri e totalmente spirituali della Creazione ed il mondo tangibile che è la provincia dell'Uomo [e che comprende anche gli angoli più remoti del sistema solare]. Afferma infatti: "Non aspettatevi da me che scriva alcunchè [sulla creazione del secondo giorno] in quanto il Testo stesso non si dilunga... I versi, nel loro significato letterale, non richiedono tale spiegazione. A chi è in grado di capire il vero significato gli è proibito rivelarlo. A coloro di noi invece che non lo comprendono [è proibito speculare sull'ignoto]". L'interpretazione di Ramban è chiara: la "distesa" e "le acque di sopra e di sotto" sono tra i misteri della Creazione e, o sono incomprensibili per l'Uomo, o la loro conoscenza deve essere limitata a chi è qualificato per comprenderla.
Poichè la terra non è coperta da una "cupola" solida, i commentatori, compresi Ibn Ezra, Malbim e R' Hirsch, discutono sul significato della parola "distesa", spesso tradotta "firmamento". In generale affermano che il termine si riferisce all'atmosfera che circonda il mondo. Questo è il solo giorno di cui la Torà non ci dice ki tov, era cosa buona. Rashì spiega che questa affermazione vale solo per creazioni definitive, ma le acque furono iniziate nel secondo e completate solo nel terzo giorno. Il Midrash indica un diverso motivo. Le acque furono divise in questo giorno, simboleggiando il conflitto che nasce quando i legami che uniscono un popolo vengono spezzati. Lo scisma e la divisione non possono essere chiamati cosa buona. Rabbì Tzaddok Ha Cohen rileva che poichè il conflitto nasce nel secondo giorno, il salmo cantato dai Leviti il Lunedì nelle funzioni del Santuario (e che poi è il salmo del giorno nella nostra preghiera del Lunedì mattina) è un salmo composto dai figli di Korach, l'istigatore della ribellione contro Mosè ed Aron.
Anche Rabbeinu Bachya cerca di spiegare perchè la Torà non afferma che le opere del secondo giorno sono cosa buona. Secondo il suo parere è perchè la creazione degli angeli e del firmamento, per quanto di grande importanza, non era lo scopo primario della Creazione. Invece lo scopo primario della Creazione è il "mondo di sotto", il mondo dove l'Uomo svolge la propria opera per portare il piano di Dio a compimento. Solo quando gli interessi dell'Uomo sono soddisfatti i cieli e gli esseri celesti possono giustificare la loro esistenza; "i giusti sono più importanti degli angeli al servizio divino." (Sanhedrin 93a).

9. E Dio disse: "Si riuniscano le acque che sono al di sotto del cielo in un sol luogo sì che apparisca l'asciutto". E così fu. 10. Dio chiamò l'asciutto, terra, e chiamò mari l'ammasso delle acque. Dio vide che era cosa buona. 11. Dio disse: "La terra produca germogli, erbe che facciano seme, alberi da frutto che diano frutti ciascuno della propria specie, contenenti il loro seme, sulla terra". E così fu. 12. La terra produsse germogli, erbe che fanno seme secondo la loro specie, alberi da frutto contenenti ciascuno il seme della propria specie. Dio vide che era cosa buona. 13. Così fu sera e fu mattino, un terzo giorno.
Terzo giorno. Fino ad ora l'intera terra era sommersa dalle acque. Il terzo giorno Dio stabilì dei limiti per le acque rendendo possibile lo sviluppo della terra, della vegetazione, della vita animale ed infine dell'Uomo.
Appena finite di pronunciare le parole "Si riuniscano le acque" apparvero monti e colline e le acque si radunarono nelle profonde vallate. Minacciavano però di inondare le terre finché Dio non le forzò nei fondali marini erigendo dighe di sabbia (Pirkei d'Rabbi Eliezer; Zohar). Questo aspetto della attività di Dio ci indica che Egli stabilisce i giusti limiti - alla Creazione stessa come alle risorse ed alle sofferenze del singolo individuo. Al concetto di Dio che stabilisce quanto è sufficiente e pone dei limiti si allude nel Suo Nome Shaddai, che contiene la radice dai, abbastanza o sufficiente. Come afferma la letteratura talmudica: Colui che ha detto al Suo mondo "basta!" (vedi 17:1).
E che apparisca l'asciutto. La terra era stata creata il primo giorno ma non era nè visibile nè asciutta finché le acque non ricevettero l'ordine di radunarsi in zone definite (Rashbam).
Terra. Questo nome si rapporta alla radice ruz, correre, in quanto le terre appena create correvano per espandersi in adempimento alla volontà del Creatore (Bereshit Rabbà 5:7).
Erbe che facciano seme. Dio comandò che la vegetazione facesse crescere in sè i propri semi per potersi diffondere altrove (Rashì).
E la terra produsse. Il maestro del Talmud Rav Ascì notò l'apparente contraddizione tra questo verso e l'affermazione della Torà che nulla era cresciuto prima della creazione di Adam (2:5). Spiega che le erbe cominciarono a crescere il terzo giorno, come era stato loro comandato, ma si fermarono prima di spuntare dal suolo. Fu Adam che dovette pregare per averle, al chè cadde la pioggia e la crescita si completò. Questo ci insegna che Dio desidera fortemente le preghiere dei giusti (Chullin 60b).

14. Dio disse: "Siano luminari nella distesa del cielo per far distinzione fra il giorno e la notte; siano anche indici per le stagioni, per i giorni e per gli anni. 15. Funzionino come luminari nella distesa del cielo per far luce sulla terra". E così fu. 16. Dio fece dunque i due grandi luminari: il maggiore per presiedere al giorno e il minore per presiedere alla notte, e le stelle. 17. Dio li pose nella distesa del cielo per far luce sulla terra; 18. per presiedere al giorno ed alla notte, e per fare distinzione fra la luce e le tenebre. Dio vide che era cosa buona. 19. Fu sera e fu mattino, un quarto giorno.
Quarto giorno. I luminari, che erano stati creati il primo giorno, furono collocati al loro posto nel quarto giorno (Chagigah 12a).
In effetti tutto il potenziale del cielo e della terra era stato creato il primo giorno ma ogni elemento fu collocato al suo posto nel giorno in cui gli fu comandato di farlo (Rashì).
Il Gaon di Vilna nota che le creazioni dei primi tre giorni e quelle dei successivi tre sono parallele e complementari. La luce fu creata il primo giorno, i luminari collocati al loro posto nel terzo. I mari e l'atmosfera furono creati il secondo giorno, la vita acquatica e gli uccelli furono creati il quinto giorno. La terraferma e la vegetazione creati il terzo giorno furono popolate nel sesto.
Il Midrash nota il fenomeno e narra del Sabato che si recò a protestare da Dio dicendo: "Hai dato un 'compagno' a ciascuno dei giorni, ma non a me!" Dio rispose che il popolo ebraico sarebbe stato il suo compagno in quanto avrebbe accettato il comandamento di osservare lo Shabbat. Beit HaLevi spiega la protesta del Sabato. Gli elementi completati nei primi tre giorni furono messi in funzione nei successivi tre; ma questo sarebbe bastato a portare il messaggio che Dio è il Creatore che ha posto in essere il mondo e riposò nel settimo? Dio rispose che Israele avrebbe portato questa testimonianza: sarebbe stato il compagno dello Shabbat.
Indici. Cioè come augurio. I luminari sono segni della grandezza di Dio in due modi: i corpi celesti sono un costante memento della Sua onnipotenza, mentre talvolta divergono dal loro corso naturale per compiacere alla Sua volontà come quando il sole si fermò per Joshua (HaRechasim LeBikah).
I due grandi luminari. "Grandi" non può riferirsi letteralmente alla dimensione in quanto le stelle sono più grandi della luna. Piuttosto i luminari sono definiti grandi in relazione alla intensità visibile della loro illuminazione. Poiché la luna è più vicina alla terra delle stelle la sua luce è più forte della loro (Radak; Malbim).
R' Yosef Dov Soloveitchik ci offre una intuizione omiletica sul concetto di grande e piccolo. La grandezza del sole è nel fatto che è una sorgente di luce, mentre la luna è piccola perchè può solo riflettere ciò che riceve dal sole. In questo senso noi preghiamo al berit milà "Possa questo piccolo divenire grande": Un bambino che cresce riceve saggezza ed insegnamenti dai genitori e dai maestri. Noi preghiamo perché il bimbo cresca fino a divenire una sorgente indipendente di grandezza che illuminerà altri.
Il verso 18 definisce le funzioni dei due luminari. Il loro potere consiste nel causare una distinzione tra luce ed oscurità. Il grande luminare, il sole, dominerà di giorno e la sua luce sarà dappertutto, anche in luoghi che i suoi raggi diretti non raggiungono. Il luminare piccolo, la luna, dominerà la notte, anche se non farà altro che attenuare l'oscurità (Rambam).

Quinto giorno. Vita marina ed uccelli.

20. Dio disse: "Brulichino le acque di un brulicame di esseri viventi; volatili volino sulla terra, sulla superficie della distesa celeste".
Brulichino le acque. Comandando alle acque di brulicare, Dio diede ai mari la capacità di produrre la vita marina ed in tal modo le acque si riempirono di esseri viventi. Dopodiciò le creature marine avrebbero procreato naturalmente attraverso il potere fornito dalla benedizione divina di essere fecondi e moltiplicarsi [vedi v. 22] (Or HaChaim).
Brulicame di esseri viventi. Questo termine si riferisce a tutte le creature viventi che non si elevano molto sul terreno (Rashì).

21 Dio creò i grandi mostri acquatici, tutti gli esseri viventi che si muovono di cui le acque brulicarono di varia specie e tutti i volatili alati delle diverse specie. Dio vide che era cosa buona.
E Dio creò. Abarbanel commenta che questo termine si riferisce a qualcosa senza precedenti. Il primo giorno si riferiva alla Creazione dal nulla assoluto; qui si riferisce alla enorme mole di alcuni dei pesci; e l'ultima volta che viene usato (v. 27), si riferisce alla Creazione dell'Uomo, vita intelligente ad immagine di Dio.

22. Dio li benedisse dicendo: "Prolificate, moltiplicatevi, empite le acque nei mari; il volatile si moltiplichi sulla terra". 23. Così fu sera e fu mattino, un quinto giorno.
Dio li benedisse. Queste creature avevano bisogno di una speciale benedizione in quanto tante di esse sono intenzionalmente ridotte di numero - cacciate e mangiate. Anche gli animali terrestri che furono creati il sesto giorno avrebbero avuto bisogno di una simile benedizione, ma Dio non gliela concesse per non includervi il serpente che era destinato ad essere maledetto (Rashì).
Prolificate e moltiplicatevi. Se il verso non avesse aggiunto urbù, e moltiplicatevi, ogni creatura avrebbe prodotto un solo discendente; moltiplicatevi aggiunge nascite multiple alla benedizione in modo che ogni singolo dia vita a molti (Rashì). In questo contesto la frase è una benedizione affinché le creature abbiano la capacità di popolare la terra. Più avanti (v.28), in relazione all'Uomo, c'è un ulteriore comandamento che lo impegna alla procreazione.
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Sesto giorno. L'apice della Creazione fisica sta per essere raggiunto. La vita animale è stata creata prima, poi è creato l'Uomo, l'essere il cui comportamento, nel bene e nel male, avrebbe determinato il destino dell'universo. Questa sequenza indica che, in effetti, Dio stava dicendo ad Adamo: l'intero mondo ora è posto nelle tue mani. Il tuo compito è di farlo funzionare in modo corretto.

24. Dio disse: "La terra produca esseri viventi di specie varie, animali domestici, rettili e bestie selvatiche di specie diversa". E così fu.
Produca (lett. tiri fuori). Questo termine implica che una presenza nascosta e dormiente veniva portata in essere (Ahavat Yonatan). Infatti, come spiegato prima, il potenziale di ogni cosa era stato creato il primo giorno; era necessario solo tirarlo fuori (Rashì).
Esseri viventi. Si trattava di esseri viventi, capaci di riprodurre la loro stessa specie... Il termine potrebbe anche includere qualunque cosa vivente non specificatamente menzionata come, ad esempio, i germi (R' Munk).
Di specie diversa. Il termine al singolare implica che Dio ha dotato ciascuna delle specie di ogni tipo di senso e capacità necessaria per sopravvivere (Sforno), e della propria peculiare natura ed istinti (Minchah Belulah).

25. Dio fece bestie selvatiche di varia specie, animali domestici di specie diverse e ogni sorta di striscianti sulla terra. Dio vide che era cosa buona.
Che era cosa buona. Come notato sopra, questa espressione di approvazione si applica sempre ad un aspetto della Creazione dopo il suo completamento. L'esistenza di animali, vegetali e minerali era completa e "buona" non appena creati, in quanto essi non avevano nè la capacità nè la necessità di svilupparsi ulteriormente. L'Uomo però è in una diversa categoria. La sua creazione, che sta per essere riportata, non è seguita da una simile dichiarazione di approvazione in quanto la creazione dell'Uomo non si completa mai; egli deve sempre tendere a migliorare se stesso ed il suo mondo.

26. Dio disse poi: "Facciamo un uomo a immagine Nostra, a Nostra somiglianza; domini sui pesci del mare, sui volatili del cielo, sugli animali domestici, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra".
'Facciamo l'Uomo.'
Quando Mosè scrisse la Torah ed arrivò a questo verso (facciamo) che è al plurale ed implica, Dio ne guardi, che ci sia più di un Creatore, disse: "Sovrano dell'Universo! Perché fornisci agli eretici un pretesto per affermare che esiste una pluralità di divinità?" "Scrivi!" gli rispose Dio. "Chiunque desideri errare, errerà... Imparino invece dal loro Creatore che creò tutto, eppure, al momento di creare l'Uomo, prese consiglio dagli angeli" (Midrash). Così Dio insegnò che uno dovrebbe sempre consultare gli altri prima di intraprendere importanti nuove iniziative ed Egli non fu scoraggiato dal fatto che qualcuno avrebbe potuto deliberatamente trovare implicazioni sacrileghe nel verso. Nella risposta di Dio, "Chiunque desideri errare", si capisce che chi sinceramente cerca la verità la vedrà; chi cerca una scusa per essere blasfemo, la troverà.
A immagine Nostra, cioè col nostro stampo (Rashì) a significare che Dio aveva preparato uno stampo con cui avrebbe ora dato forma all'Uomo.

A Nostra somiglianza. Con il potere della comprensione e l'intelletto (Rashì).

27. Dio creò l'uomo a Sua immagine; lo creò a immagine di Dio; creò maschio e femmina.
E Dio creò. Come l'Uomo è unico, così il modo di crearlo fu unico e superiore. In tutta la narrativa Dio ha portato in essere ogni cosa con ordini verbali, mentre l'Uomo fu creato dalle Sue mani (Rashì).
A Sua immagine, a immagine di Dio. Tra tutte le creature viventi solo l'Uomo è dotato, come il suo Creatore, di morale, ragione e libera volontà. Può conoscere ed amare Dio ed avere con Lui una comunione spirituale; solo l'Uomo può far guidare le proprie azioni dalla ragione. È in questo senso che la Torah descrive l'Uomo come creato ad immagine e somiglianza di Dio (Rambam).
Maschio e femmina. Anche se Eva fu creata più tardi (2:21), lei ed Adamo furono creati lo stesso giorno (Rashì). Anche se tutte le creature viventi furono create maschio e femmina, solo nel caso degli esseri umani questo è specificato, per sottolineare che entrambi i sessi furono creati ad immagine di Dio (R' Hirsch).

28. Dio li benedisse e Dio stesso disse loro: "Prolificate, moltiplicatevi, empite la terra e rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare, sui volatili del cielo, e su tutti gli animali che si muovono sulla terra".
Prolificate e moltiplicatevi. Secondo il volere Divino il mondo deve essere abitato... Chi trascura questo non adempie ad un comandamento positivo, passibile di grave punizione, in quanto così dimostra di non voler aderire alla volontà Divina di popolare il mondo (Sefer HaChinuch).

29. Dio disse: "Ecco, Io vi do tutte le erbe che fanno seme, che sono sulla faccia di tutta la terra, tutti gli alberi che danno frutto d'albero producente seme; vi serviranno come cibo. 30. Agli animali tutti della terra, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli striscianti sulla terra che hanno un afflato di vita, tutte le erbe verdi serviranno di cibo". E così fu.
La maggior parte dei commentatori raggruppano questi versi insieme, sarà tuo come cibo e per ogni bestia della terra..., indicando che l'Uomo e le bestie condividevano la stessa dieta vegetale. All'epoca all'Uomo non era permesso uccidere gli animali per cibarsene; tale permesso fu accordato a Noè solo dopo il Diluvio [confr. 9:3 e Sanhedrin 59b].

31. Dio vide che tutto quello che aveva fatto era molto buono. Fu sera e fu mattino, il sesto giorno.
Ed ecco, era cosa molto buona. Tutto era adatto al proprio scopo ed in grado di agire per raggiungerlo (Rambam).
La Torà dichiara che la Creazione nel suo complesso non era solo cosa buona, come erano state definite le singole componenti, ma era molto buona. Come spiega il Gaon di Vilna, qualcosa può essere buono in sè stesso ma non quando combinato con altre cose. Le opere di Dio, invece, erano buone in sè stesse ed anche unite alle altre. Mesheh Hohmah va oltre: le componenti della Creazione sono migliori in combinazione che isolate.
Anche le cose che sembrano essere cattive, come la sofferenza, la morte e la tentazione, appaiono tali solo quando viste isolatamente, ma nel contesto globale dell'esistenza esse possono essere viste come buone, anche molto buone. Se potessimo percepire nella sua interezza l'intero quadro della gestione Divina degli eventi concatenati, certamente saremmo d'accordo con questa affermazione (R' Hirsch).
Il sesto giorno. L'articolo definitivo ha, il, prima della parola shishì, sesto, indica che questo giorno è distinto da tutti gli altri giorni della Creazione, poiché questo è quello in cui tutta la Sua opera creativa fu completata (Chizkuni).
Rashì cita il Midrash: L'articolo determinativo, il sesto giorno, allude al sesto giorno di Sivan, quando la Torah sarebbe stata data. È nella attesa di quel giorno che il mondo era stato creato.
Il settimo giorno / Lo Shabbat.
Lo Shabbat è introdotto con la dichiarazione che le opere del cielo e della terra sono state completate ed esse sono di fronte a noi nel loro predeterminato stato finale di armoniosa perfezione. Allora Dio proclamò il Suo Shabbat. Questo passo, che è il primo paragrafo del Kiddush di Shabbat, proclama che Dio è il Creatore che ha portato in essere l'universo in sei giorni e si 'riposò' il settimo. L'osservanza delle leggi dello Shabbat da parte di Israele costituisce la devota testimonianza di questo fatto.

Lo Shabbat è un giorno permeato di significati. La Torah afferma che Dio lo santificò poiché in esso Egli si astenne da tutte le sue opere (v.3), implicando che l'essenza del giorno è la commemorazione della cessazione dall'operare; ma nella frase immediatamente seguente la Torah dice "per fare", a significare che il completa-mento fu simultaneo con il riposo. Non c'è contraddizione. Dio cessò dalla Creazione fisica, ma creò l'universo spirituale che viene in essere ogni Shabbat. Il mondo dello Shabbat è di gran lunga superiore a quello dei sei giorni a cui succede, ma essi non sono separati l'uno dall'altro. Il ponte tra il mondano ed il sacro, tra i giorni della settimana e lo Shabbat, è l'Uomo. Adamo ed Eva furono creati per ultimi, appena prima dello Shabbat, perché solo l'Uomo possiede l'intelligenza e la saggezza per portare la santità dello Shabbat nelle attività della settimana lavorativa. Di tutte le creature dell'universo, soltanto lui può creare la santità. Gli angeli sono santi, ma sono statici. Non possono migliorare se stessi o il mondo. Solo l'Uomo può fare entrambe le cose. Lo Shabbat è il sigillo di Dio e l'Uomo è colui che lo deve imprimere sull'universo di Dio; ed in effetti, le attività dell'Uomo trasformano l'universo da un apparente amalgama di materia senza scopo nello specchio della volontà di Dio.

Cap.2, v.1. Il cielo e la terra e tutto il loro esercito erano ormai completi.
Erano completi. Omileticamente il Midrash collega questa parola a chilaion, attendere con ansia, ed a clì, strumento o utensile. Il cielo e la terra e Dio stesso attendevano con ansia l'arrivo dello Shabbat che avrebbe permeato il mondo di santità (Tzror HaMor). E l'universo fu creato per servire da strumento al culto di Dio, un compito che fu completato con l'avvento dello Shabbat (Sfat Emet).

2. Nel settimo giorno Dio aveva completato l'opera Sua che aveva fatto, così nel settimo giorno cessò da tutta la Sua opera che aveva compiuto.
Aveva completato ... cessò. Queste due parole hanno diverse connotazioni. La prima indica che l'opera di Dio della Creazione era stata completata, ed in effetti lo era; nulla di nuovo fu infatti creato dopo i primi sei giorni. La parola astenersi, invece, fa pensare che l'opera era stata interrotta, rimandata, ma non finita. Essa è rivolta agli esseri umani, e ci dice che c'è sempre ancora da fare, ma l'Uomo deve sospendere il suo lavoro creativo quando giunge lo Shabbat (il Gaon di Vilna).

3. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, poichè in esso aveva cessato da tutta la Sua opera che Egli stesso aveva creato per poi elaborarla.
Benedisse ... e santificò. Dio benedì lo Shabbat con abbondante bontà, poiché in esso c'è un rinnovo della forza fisica procreativa ed una superiore possibilità di ragionamento ed esercizio dell'intelletto. Lo santificò in quanto nessuna opera fu fatta in esso (Ibn Ezra).
Dio avrebbe benedetto lo Shabbat, in futuro, con una doppia razione di manna il venerdì in suo onore; e lo avrebbe santificato non fornendo la manna lo Shabbat stesso (Midrash). Il significato letterale del verso è che lo Shabbat è santificato al di sopra del normale corso della attività fisica in questo mondo. Normalmente la gente deve lavorare per guadagnarsi da vivere, ma di Shabbat il lavoro è proibito, ed anche così lo Shabbat è un giorno che è benedetto con più cibo e più gioia del resto della settimana (Or HaChaim).
Per elaborarla. Questa parola implica che c'era un processo di creazione ancora in atto. Alle creature viventi dell'universo era stata data la capacità di riprodursi, ciascuna secondo la propria specie (Radak).



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